martedì 25 settembre ’18

    XXV Settimana del tempo ordinario

     

    nell’immagine un dipinto di Pierre Bonnard

     

     

    Proverbio del giorno (proverbio giapponese)

    Alla prima coppa, l’uomo beve il vino; alla seconda, il vino beve il vino; alla terza, il vino beve l’uomo.

     

    Iniziamo la Giornata Pregando (don Primo Mazzolari)

    Cristo, so di essere amato per la mia povertà e sento il bisogno di amare per ciò mi viene ogni giorno perdonato. Credo nel dono della libertà, che illumina ma non costringe. So di portare dentro la presenza, il fermento di una speranza che va al di là della brevità della nostra giornata. Sento che la vita è un dovere, è un costo, è un impegno, la vita bisogna guadagnarsela. Aiutami a mettere un attimo di silenzio e raccoglimento nella mia giornata: un po’ di coraggio per rimanere fedele all’impegno quotidiano e alimentare la lampada della speranza, senza la quale non è possibile vivere. Amen

     

    Sergio di Radonezh (1322-1392)

    fu il più grande leader spirituale e riformatore monastico della Russia medievale e insieme a Serafino di Sarov è il più venerato fra i santi russi. Di famiglia contadina, a vent’anni inizia un’esperienza di eremitaggio insieme al fratello Stefano nella vicina foresta: presto altri si uniscono a loro e nasce così il monastero della SS. Trinità (Troice Lavra) importante centro di spiritualità russo meta di pellegrinaggi del mondo ortodosso.

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio (Lc 8,19-21)

    In quel tempo, andarono a trovare Gesù la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: «Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti». 
    Ma egli rispose: « Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica ». 

     

    BREVE COMMENTO AL VANGELO

    La Parola di Dio, se ascoltata e messa in pratica, mi rende madre e fratello di Gesù: madre perché divento capace di generarlo – annunciarlo al mondo; fratello perché divento come Lui figlio del Padre. Nell’ascolto obbediente alla Parola di Dio si realizza il grande mistero della mia generazione, giorno dopo giorno, a figlio di Dio. Ancora di più: il fine della Parola è di generare un intero popolo di Dio!

     

    Riflessione Del Giorno (Jean Gerson 1363-1429 Commento al Magnificat)

    Nella fede, la paura deve essere scacciata dall’amore. Pensi di essere indegno dei santi misteri? Non è per i tuoi meriti che diventi degno, anche dopo migliaia di anni di sforzi. Bisogna che a renderti degno sia Colui che ti invita. E te ne renderà degno, se ti sforzi di scacciare dal tuo cuore ciò che ai suoi occhi dispiace. Se non hai coscienza di un impedimento a ricevere l’eucarestia, perché, pigro e ingrato, ti privi di tale bene? Se il rimorso di coscienza ti accusa, perché non cerchi con il pentimento di aprirti l’accesso all’eucarestia? So già quello che mi risponderai: sono freddo, sono distratto, sono carnale, sono tormentato dalle preoccupazioni, la mia fede è debole, la mia speranza vacilla, la mia carità è gelida…Ma dove cercare la guarigione, se non presso un tale medico? Hai l’esempio di Pietro, di Zaccheo, il peccatore. Fuggi te stesso e gettati tra le mani del tuo Salvatore. Lui non è né crudele, né geloso. Perché, avendoti invitato, non dovrebbe riceverti, non dovrebbe guarirti?

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per i sacerdoti perché siano fedeli testimoni di Gesù Cristo.

     

    DON’T FORGET!  235° de “1.000 quadri più belli del mondo”

    NICOLAS POUSSIN: LE CENERI DI FOCIONE RACCOLTE DALLA VEDOVA 1648 – Olio su tela – cm 116,5 × 178,5 – Walker Art Gallery – LIVERPOOL.

     

    Nicolas Poussin (1594-1665) eseguì questo quadro e il suo pendant (Il trasporto del cadavere di Focione) nel 1648 per il mercante lionese Jacques Serisier, residente in Roma nel 1647 e amico del pittore. Vi si illustra la storia di Focione (402-318 a. C.) che Nicolas Poussin aveva letto e meditato ed era una delle più belle e istruttive vite scritte di Plutarco. Focione era un generale ateniese, uomo probo e giusto, che non si asteneva, per il bene della città, dal dire sempre la verità ai suoi concittadini, anche se dura e impopolare. Gli avversari politici riuscirono a mettergli contro il popolo e lo condannarono con falsa accusa di tradimento a bere la cicuta e impedirono che il cadavere fosse sepolto in patria. Un tal Conopione incaricato di eseguire la pena capitale, si spinse a bruciare il cadavere: il quadro mostra la vedova che raccoglie di nascosto le ceneri per portarle a casa e dare loro degna sepoltura. 

    Il soggetto è inserito in un paesaggio di eccezionale ampiezza, che non fa da sfondo alla scena ma ne è protagonista. Nel paesaggio con le ceneri di Focione nessun cielo sconvolto, acqua agitata o vento minaccioso: la natura appare imperturbabile e serena, come deve essere l’animo del saggio, come è stato Focione nella vita e nella morte. In quest’opera Poussin mostra di aver assimilato la concezione stoica dell’esistenza. Inginocchiata, affranta, toccata da un raggio di sole la vedova di Focione, donna semplice, frugale, saggia, raccoglie con pietà e venerazione le ceneri del marito. Deve fare in fretta, per non essere vista. La serva fedele che l’accompagna, è allerta. Nel bosco, appoggiato al tronco d’un albero, è il tizio che, dietro compenso, contravvenendo gli ordini delle autorità ateniesi, ha bruciato il corpo di Focione: sta nascosto aspettando che tutto si compia. Due amici stanno sdraiati sul prato in faccia al sole, uno suona il flauto. Per la strada uno passeggia e legge. Assistiti dai giudici di gara, balestrieri giocano al tiro a segno. Sulla sponda opposta del piccolo lago, giovani sono pronti a tuffarsi nell’acqua, mentre alcuni già vi nuotano. Uno stalliere striglia un cavallo bianco. Fedeli salgono al tempio, illuminato dal sole. Intorno palazzi e case di regolari e semplici geometrie; alberi frondosi s’innalzano schietti e maestosi. Dietro il tempio masse rocciose e selvagge, contrastano con la sottostante, limpida architettura palladiana. L’azzurro è solcato da candide nubi che conciliano le ombre della terra con la purezza del cielo. Lorenzo Bernini vide questo quadro a Parigi in casa Serisier. Dopo averlo a lungo osservato, uscì con quelle parole rimaste poi famose a connotare l’arte di Poussin come espressione di molto pensiero: “Il signor Poussin è un pittore che lavora di là”.

     

     

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