7a Settimana del Tempo Ordinario

     

     

    nell’immagine un dipinto di Christian Krogh

     

     

    Proverbio del giorno (Congo)

    Chi vuole sul serio qualcosa, trova una strada; gli altri, una scusa.

     

    Iniziamo la Giornata Pregando

    Mio Dio, ti offro tutto ciò che io sono e voglio essere, perché tu lo risani e lo indirizzi nella direzione giusta! Rendi nuovo questo giorno. T affido le mie preoccupazioni e le mie paure, sapendo che tu sei al mio fianco. Ti prego, apri il mio cuore al tuo amore così che ne risani le ferite e fa’ che il tuo amore fluisca su quelli che mi stanno intorno. Sia fatta la tua volontà, oggi e sempre. Amen!

     

    PORFIRIO DI GAZA

    Porfirio era nato intorno al 347 in un’agiata famiglia di Tessalonica. A 31 anni abbracciò la vita monastica nel deserto di Scete in Egitto. Da qui raggiunse Gerusalemme, dove distribuì i suoi beni ai poveri. Il vescovo di Gerusalemme nel 392 lo ordinò prete a 45 anni. Tre anni dopo, fu nominato vescovo di Gaza, dove guidò per 25 anni la comunità. Morì il 26 febbraio 420

     

    Ascoltiamo La Parola di Dio (Marco 9,30-37)

    Gesù e i suoi discepoli, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Istruiva i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo 3 giorni, risorgerà». Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni. Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

     

    La Riflessione del Giorno (Papa Francesco le 15 malattie della chiesa)

    1. L’eccessiva pianificazione. «Quando si pianifica tutto minuziosamente» e si crede così che «le cose effettivamente progrediscano, diventando però un contabile. Preparare tutto bene è necessario ma senza cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo… È facile che ci si adagi nelle proprie posizioni statiche e immutate».
    2. Il mal coordinamento. È tipica di chi «perde la comunione con gli altri e fa smarrire al corpo la sua armoniosa funzionalità» diventando «un’orchestra che non produce armonia, ma chiasso perché le varie membra non collaborano e non vivono lo spirito di squadra».
    3. L’Alzheimer spirituale «del declino progressivo delle proprie facoltà spirituali» che «causa gravi handicap alla persona» facendola vivere in «uno stato di dipendenza dalle sue vedute immaginarie». E’ tipica di chi ha «perso la memoria» dell’incontro col Signore e dipende dalle sue «passioni, capricci e manie», in chi costruisce «intorno a sé muri e abitudini».
    4. La rivalità e vanagloria. «Quando l’apparenza, i colori delle vesti, le onorificenze diventano l’obiettivo primario della vita… È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso “misticismo” e un falso “quietismo”». (Segue)

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per i bambini soldato, le ragazze rapite e tutti i minori a cui è stata rubato il futuro.

     

    Don’t Forget – 256° quadro de “i 1.000 quadri più belli del mondo”

    Già conosciamo Jan Vermeer, uno dei più famosi pittori fiamminghi del XVII secolo. Nato a Delft in Olanda nel 1632, figlio di un mercante d’arte e tessitore di seta, inizia la formazione artistica verso il 1640. Quello che presentiamo è uno dei più noti a livello mondiale, paragonabile alla Gioconda. Nel quadro la ragazza è dipinta di tre quarti, con lo sguardo rivolto allo spettatore, il capo avvolto da un turbante azzurro con fascia gialla. Le labbra dischiuse suggeriscono un tocco di sensualità accennata quel poco che basta perché nel ‘600 il quadro fosse ritenuto troppo malizioso per essere apprezzato.

     

    JAN VERMEER: FANCIULLA CON IL TURBANTE1666 Olio su tela – 44 x 39 cm – Mauritshuis – L’Aia – Paesi Bassi

    Quel che attira, non è solo lo sguardo della modella, ma pure la perla a goccia appesa all’orecchio la cui lucentezza è resa da un virtuoso effetto ottico in cui il pittore era maestro. Se vestito e turbante fanno intuire le umili origini della ragazza, la perla stona con la “proprietaria” poiché un simile gioiello era prerogativa delle dame nobili; forse, come molti studiosi sostengono, si tratta di una imitazione di vetro di fattura veneziana. Il turbante è un elemento strano per l’epoca: il che fa pensare che ci si trovi davanti a un “tronie” che è un mix tra il ritratto di costume e il quadro di storia il che fa pensare a un volto idealizzato che non ritrae nessuno in particolare.

    Ma nel quadro in questione quello che conta veramente non è il volto o il corpo della ragazza, ma la sua anima e quello che attraverso il suo sguardo magnetico non manca di incantare con la sua bellezza ed espressività che trasmette al pubblico che la guarda con incanto e stupore. La suggestiva leggenda che circonda questo quadro, e che colora con una punta di sentimentalismo la biografia di un grande pittore del quale si sa ben poco, e che poco ha lasciato, è stata rievocata per la letteratura nel 1986 dal libro “La ragazza col turbante” di Marta Morazzoni e nel 2003 dal film “La ragazza con l’orecchino di perla” ispirato al romanzo omonimo del 1999 della scrittrice Tracy Chevalier.

     

     

    ernesto_ari

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