Martedì 27 febbraio 2024

     

    I Settimana di Quaresima

     

    Avvenne il 27 febbraio…

    1844 – La Repubblica Dominicana riconquista la libertà dopo la dominazione haitiana.

    1917 – Rivoluzione di febbraio: i bolscevichi occupano la residenza zarista a San Pietroburgo

    1933 – L’edificio del parlamento tedesco a Berlino, il Reichstag, viene incendiato

    1991 – Il presidente statunitense George H. W. Bush annuncia che il Kuwait è stato liberato.

     

    Aforisma di S. Teresa di Calcutta

    Prima di reagire, pensa. Prima di criticare, aspetta. Prima di pregare, perdona. Prima di pretendere, dona. Prima di arrenderti, provaci.

     

    Preghiera

    Custodisci con continua benevolenza, o Padre, la tua Chiesa e poiché, a causa della debolezza umana, non può sostenersi senza di te, il tuo aiuto la liberi sempre da ogni pericolo e la guidi alla salvezza eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Si chiamava Francesco Possenti ed era nato ad Assisi nel 1838; all’età di 4 anni rimase orfano di madre, ma crebbe ugualmente da innamorato della vita e coltivando la fede cristiana.

    Il padre era un funzionario dello Stato Pontificio e progettava una vita agiata per il futuro del figlio, ma lui a 18 anni, nel 1856, scelse di diventare religioso tra i Passionisti, entrando nel noviziato di Morrovalle (Macerata). Nel 1855 era rimasto segnato dalla morte della sorella ma il lutto lo aveva spinto a cercare la gioia nella devozione per la Madre di Dio, che coltivava da sempre.

    Iniziò il suo cammino verso la consacrazione a Loreto e poi continuò, dal 1859, a Isola del Gran Sasso. Tre anni, dopo, però, morì a causa della tubercolosi ed è lì venerato, nel santuario che porta il suo nome, meta di pellegrinaggi, soprattutto giovanili. È santo dal 1920, compatrono dell’Azione cattolica e patrono dell’Abruzzo.

     

    Parola di Dio del giorno Mt 23,1-12

    Gesù si rivolse alla folla e ai discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno.

    Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filatteri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbi” dalla gente.

    Ma voi non fatevi chiamare “rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

     

    Riflessione Mario De Andreade (1893-1945)

    Ho contato i miei anni e ho scoperto che ho meno tempo per vivere da qui in poi rispetto a quello che ho vissuto fino ad ora. Mi sento come un bambino che ha vinto un pacchetto di dolci: i primi li ha mangiati con piacere, ma quando ha compreso che ne erano rimasti pochi ha cominciato a gustarli intensamente. Non ho più tempo per riunioni interminabili dove sono discussi statuti, procedure e regolamenti interni, sapendo che nulla sarà raggiunto.

    Non ho più tempo per sostenere persone assurde che, nonostante la loro età cronologica, non sono cresciute. Il mio tempo è troppo breve: voglio l’essenza, la mia anima ha fretta. Non ho più molti dolci nel pacchetto. Voglio vivere accanto a persone umane, molto umane, che sappiano ridere dei propri errori e che non siano gonfiate dai propri trionfi e che si assumano le loro responsabilità. Così si difende la dignità umana e si va verso la verità e onestà. È l’essenziale che fa valer la pena di vivere.

    Voglio circondarmi da persone che sanno come toccare i cuori, persone a cui i duri colpi della vita hanno insegnato a crescere con tocchi soavi dell’anima. Sì, sono di fretta, ho fretta di vivere con l’intensità che solo la maturità sa dare.  Non intendo sprecare nessuno dei dolci rimasti. Sono sicuro che saranno squisiti, molto più di quelli mangiati finora. Il mio obiettivo è quello di raggiungere la fine soddisfatto e in pace con i miei cari e la mia coscienza. Abbiamo due vite e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una.

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo per gli animatori di associazioni, gruppi e attività parrocchiali perché non si perdo d’animo di fronte alle difficoltà.

     

    Don’t Forget! Grandi Figure del Clero bergamasco

    Don AGOSTINO VISMARA

    1890-1967

    Nato a Spirano nel 1890, partecipa alla guerra di Libia nel 1911 e alla 1.a guerra mondiale nella Compagnia Sanità. Ordinato prete nel 1914, è destinato a Mornico al Serio, poi passa al Collegio Angelo Mai di Clusone e all’Istituto Dante Alighieri di Bergamo. Chiede di potersi occupare dell’Opera Bonomelli, della quale diviene direttore nel 1923. Catturato dalle SS, viene destinato a Dachau. Al rientro in Italia don Agostino rinsalda i vincoli di amicizia con don Bepo e assieme progettano la fondazione del “Villaggio XXV aprile” per fornire alloggi ai profughi di guerra. Muore il 27 luglio 1967 a Bergamo.

    Don Vismara è un prete bergamasco che preservò il ricordo degli ideali democratici perduti anche durante gli anni del consenso al Regime Fascista, con un esiguo gruppo di antifascisti locali, laici e religiosi, che si riuniva in casa sua il giovedì sera con la scusa di giocare a carte per scambiarsi stampa clandestina e le notizie provenienti dall’estero. Presidente del comitato provinciale della Croce Rossa, dopo l’8/9 si adoperò per aiutare i perseguitati dei nazifascisti e le nascenti formazioni residenziali, stornando parte del materiale in suo possesso.

    Don Vismara però non collaborò per la fornitura delle armi alle bande dei patrioti, provando orrore verso il loro utilizzo. Fin dal momento dell’arresto il 24-11-1944, con gli altri del gruppo della Croce rossa, fu duramente picchiato per fargli confessare dove era il deposito delle armi nascoste, la lista dei rifugi in montagna e il nascondiglio dei documenti della organizzazione provinciale antifascista. Fu condotto al Collegio Baroni, sede della Feldgendarmerie dove rimase rinchiuso per un mese subendo numerosi brutali interrogatori e torture, ma non fornì le informazioni richieste, molte delle quali egli ignorava del resto.

    Fu poi trasferito al carcere di S. Agata in attesa del processo rimandato più volte per approfondire le indagini. Il 10-5-1944 fu tradotto al carcere che i tedeschi avevano aperto in un’ala del monastero di Matris Domini dov’era cappellano suo cugino don Luigi Vismara, al fine di custodire le persone in attesa di giudizio o di essere trasferite in Germania a scontare la pena. Qui rimase recluso per l’estate 1944. I tedeschi erano convinti che, per la sua influenza e le sue capacità organizzative, fosse a capo del traffico d’armi a favore della banda Decò-Canetta, ma non ne avevano le prove.

    Il sacerdote protestò con forza la sua innocenza e si appellò al Vescovo perché garantisse per lui o si adoperasse perché fosse approntato un processo a suo carico, fiducioso di poter provare la sua estraneità al traffico d’armi. Ma Mons. Bernareggi non fu in grado di aiutare don Vismara sempre più sofferente e disperato per l’ingiusta detenzione. Il tribunale tedesco di Bergamo, non trovando prove che suffragassero le accuse, nell’estate 1944 passò la pratica alle SS. che decisero di applicare la reclusione di sicurezza che permetteva la carcerazione senza limiti di tempo e senza l’assenso delle autorità giudiziarie, di chi non si riusciva a condannare per mancanza di prove.

    Fu così deciso di inviare don Vismara in Germania nei campi di prigionia gestiti dalle SS. Il 1° ottobre fu condotto a S. Vittore nel raggio dei detenuti politici in regime di rigida segregazione; il 15 fu trasferito a Verona al comando generale delle SS in Italia e il 18 ottobre al campo di transito di Bolzano dove fu spogliato della talare per essere vestito come gli altri detenuti, il che gli provocò un grande turbamento, ma non venne meno lo spirito sacerdotale, visto che in una lettera al Vescovo chiede aiuti materiali per gli altri detenuti.

    Qui si resta in attesa di essere inoltrati in Germania, spero nell’aiuto della Provvidenza e di tanti buoni amici. Scopo della presente tuttavia è di chiedere a V.E. un efficace aiuto per tanti bisognosi di questo campo di concentramento di politici. Di fronte a tanta necessità, che potrei chiamare miseria, sentii di scordare la mia sventura per tentare di fare qualcosa a pro di tanti disgraziati”.

    Deportato in Germania, è rinchiuso prima nel lager di Mauthausen poi di Dachau dove rimase fino all’arrivo degli Americani. Eugenio Bruni, imprigionato a Dachau con lui, ricorda che don Agostino infondeva fiducia e forza perché grande era la sua fede ed era un uomo battagliero che credeva nelle sue idee che perseguiva come un atto di fede nei confronti di chi non c’era più. “Don Agostino è stato un magnifico prete stato stimato dai superiori, anche se qualche volta è entrò in conflitto con loro per il suo senso della indipendenza, con questo senso della carità fattiva, non predicata.

    Prete libero, non ossequioso alla gerarchia, non ribelle, ma ossequioso ai dettami della sua coscienza…”. Don Vismara rientrò in Italia il 23-6-1945, stremato dalle privazioni. Ricorda Vajana: “qualche mese dopo il 25 aprile, don Agostino tornò a Bergamo e mi fece telefonare. Corsi a casa sua e lo rividi mentre lo mettevano a letto. Era l’espressione del martirio e del dolore sofferto dal popolo italiano e abbracciandolo, con commossa venerazione mi parve di rendere omaggio a questo dolore e a questo martirio”.

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