mercoledì 20 novembre ’19

     

    Proverbio del giorno

    «Riscalda un serpente infreddolito e ti morderà (Armenia)»

     

    Iniziamo la giornata Pregando

    Signore, ciò che io sono, che possiedo, l’ho ricevuto da te. Tu mi hai trasmesso doni, qualità e carismi, perché me ne serva e mi realizzi in questa vita. Desidero sviluppare le mie qualità di cuore e di spirito perché non siano sterili come il talento sotterrato. Quando il tuo Cristo tornerà, dovrò rendergli conto di tutto e sarò giudicato non sulla quantità dei talenti ricevuti, ma sulla fedeltà e lo sforzo messo in atto. Per questo ti chiedo di aiutarmi oggi a compiere le opere che hai predisposto per me

     

    Ambrogio Traversari

    Nato in Romagna nel 1386, a 14 anni entrò tra i camaldolesi a Firenze. Ebbe come amico beato Angelico e confratello il pittore Lorenzo Monaco. La sua cella divenne luogo di ritrovo di chi credeva all’incontro tra l’eredità classica e la tradizione cristiana. Ebbe una carriera brillante fino a diventare superiore generale e svolse missioni al servizio della S. Sede. Morì nel 1439

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio Luca 19,11-28.

    Gesù disse una parabola perché era vicino a Gerusalemme e i discepoli credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro: «Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno. Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi. Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine. Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città. Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine. Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città. Venne poi anche l’altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto; avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato. Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi. Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci Gli risposero: Signore, ha già dieci mine! Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me». Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.

     

    Riflessione del Giorno (Mons. Ravasi Mattutino)

    Grande Spirito la cui voce ascolto nel vento e il cui respiro fa vivere il mondo, ascoltami. Sono uno dei tuoi tanti figli e vengo a te. Sono piccolo e debole, ho bisogno della tua forza e della tua sapienza. Lasciami camminare tra le cose belle e fa che i miei occhi possano ammirare il tramonto rosso e d’oro. Fa che le mie mani possano rispettare ciò che hai creato e le mie orecchie sentire chiaramente il suono della tua voce”. Sono alcune righe di un canto al Grande Spirito divino degli Indiani Sioux che hanno popolato ” con immagini spesso falsate ” i film della nostra adolescenza. Ora sopravvivono nelle riserve americane del Dakota, del Montana e del Nebraska, ma la loro cultura è stata valorizzata, proprio attraverso la loro religiosità. Vorremmo sottolineare innanzitutto l’esaltazione del legame non tanto con la “natura” quanto piuttosto col “creato”. Infatti il mondo è visto come opera di Dio e in esso è possibile «sentire il suono della sua voce», come diceva anche l’antico Salmista biblico: «I cieli narrano la gloria di Dio». Uscire in campagna anche per pregare, lodare, contemplare, comprendendo come dice più avanti il canto dei Sioux «ciò che di segreto hai posto in ogni foglia e in ogni roccia». L’inno così continua: «Ti chiedo la forza non per primeggiare sugli altri ma per combattere il mio più grande nemico: me stesso. Fa’ che io sia sempre pronto a raggiungerti con mani pulite e occhi acuti, così che quando la vita se ne andrà come la luce al tramonto, il mio spirito possa senza vergogna venire a te».

     

    Intenzione di Preghiera del giorno

    Preghiamo per l’Africa, per le sue popolazioni perché conoscano un futuro di giustizia e dignità

     

    Don’t forget!

    20-11-1990: muore don Serafino Doneda prete del PSV

     

     

     

    SANTI DELLA CARITÀ

     S.  MARTIN DE PORRES

    (Lima Perù

    A – 09-12-1579

    Ω – 03-11-1639)

     

    Il Santo ritratto in un antico quadro coloniale.

    “Figlio di padre ignoto”: così è registrato fra i battezzati di S. Sebastiano a Lima. Il padre è l’aristocratico spagnolo Juan de Porres, che non lo riconosce perché la madre è un’ex schiava nera. Il piccolo mulatto vive con lei e la sorellina, finché il padre si decide al riconoscimento, tenendo con sé in Ecuador i due piccoli, per qualche tempo. Nominato governatore di Panama, lascia la bimba a un parente e Martino alla madre, con i mezzi per farlo studiare un po’. E Martino diventa allievo di un barbiere-chirurgo (le due attività a quel tempo erano spesso abbinate) apprendendo anche nozioni mediche in una farmacia. Avvenire garantito per il ragazzo appena quindicenne. Lui però vuol entrare fra i Domenicani, che hanno fondato a Lima il loro primo convento peruviano. Ma è mulatto e viene accolto, ma solo come terziario; non come religioso con i voti. E i suoi compiti sono perlopiù di inserviente e spazzino. Suo padre se ne indigna: ma lui no. Anzi, mentre suo padre va in giro con la spada, lui ama mostrarsi brandendo una scopa (con la quale verrà poi raffigurato).

    Lo irridono perché mulatto? E lui, vedendo malconce le finanze del convento, propone ai superiori: “Vendete me come schiavo”. Ma i Domenicani avvertono la sua energia interiore, e lo tolgono dalla condizione subalterna, accogliendolo nell’Ordine come fratello cooperatore. Nel Perù che ha ancora fresco il ricordo dei conquistadores Pizarro e Almagro, crudeli con la gente e impegnati in atroci faide interne, Martin de Porres, figlio di un “conquistatore”, offre esempi di vita radicalmente contrapposti. Vengono da lui per consiglio il viceré del Perù e l’arcivescovo di Lima, trovandolo circondato da poveri e da malati, guaritore e consolatore. Quando a Lima arriva la peste, fra’ Martino cura da solo i 60 confratelli e li salva tutti. E sempre più si parla di suoi prodigi, come trovarsi al tempo stesso in luoghi lontani fra loro, sollevarsi da terra, chiarire complessi argomenti di teologia senza averla studiata. Gli si attribuisce poi un potere speciale sui topi, che raduna e sfama in un angolo dell’orto, liberando le case dalla loro presenza. Per tutti è l’uomo dei miracoli: fonda a Lima un collegio per istruire i bimbi poveri, ed è il primo collegio del Nuovo Mondo. Guarisce l’arcivescovo del Messico, che vorrebbe condurlo con sé. Martino però non potrà partire: colpito da violente febbri, muore a Lima. Per il popolo peruviano e i confratelli è subito santo. Invece l’iter canonico, iniziato nel 1660, avrà poi una lunga sosta. Sarà Giovanni XXIII a farlo santo, il 6 maggio 1962. Nel 1966, Paolo VI lo proclamerà patrono dei barbieri e parrucchieri.

     

     

     

    nell’immagine un dipinto di Tonino Dal Re

     

     

     

     

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