mercoledì 24 febbraio ’21

     

     

    nell’immagine un dipinto di Alexei Isupov

     

     

    prima  Settimana Tempo di Quaresima

     

     

    Proverbio del giorno FËDOR M. DOSTOEVSKIJ

    Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.

     

    Iniziamo la Giornata Pregando (R. Tagore. Poesia)

    Mentre incosciente ti ferivo scoprivo ch’eri accanto a me. Lottando inutilmente contro te sentivo ch’eri tu il mio Signore. Derubando del mio tributo il tuo onore vedevo crescere il mio debito con te. Nuotavo contro co

     

    ARNALDO DI CARCASSONNE (XIII sec)

    Cugino del Fondatore Pietro Nolasco, prese l’abito di mercedario nel giorno di fondazione dell’Ordine. Resse il monastero di Valenza (Sp) e promosse la disciplina monastica con l’insegnamento delle regole e con l’esercizio delle virtù.

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio (Lc 11,29-32)

    Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».

     

    Riflessione del giorno  – Frammenti di vita

    Avendo ormai oltrepassato il limite oltre il quale non si cerca più di nascondere l’età, ma la si esibisce con orgoglio come una medaglia al valore (“…i prossimi sono 95” confessa compiaciuta), parla di sé con bonarietà e dei problemi della età con distacco e un pizzico di ironia. Ma non appena si tocca il problema della pandemia in atto, le rughe del volto e il tremolio delle mani accentuano la sofferenza che affiora a ogni parola: “La solitudine e la mancanza di contatti sono stati peggio del virus… quest’anno è stata troppo dura!”. Siccome però è una signora molto devota, cerco di rassicurarla dicendole: “Ha ragione, ma ora inizia la quaresima e…” Non mi lascia neanche finire: “Ghe mancaa po’ chèsta adéss, come se non fosse abbastanza quel che è capitato”. La guardo stupito…lei però va avanti a parlare e io ad ascoltare finché capisco: la nonna esasperata, ha fatto confusione tra quaresima e quarantena, così che di fronte alla prospettiva dell’ennesimo lock-down, ha perso la pazienza. Questo capita quando il linguaggio dell’emergenza si impone a tal punto da riuscire a stravolgere ogni messaggio alternativo, rendendo impossibile la comunicazione di un po’ di fiducia e di speranza.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per tutti i benefattori vivi e defunti del Patronato S. Vincenzo.

     

    Don’t Forget!

    Santi della Carità

    BEATO 

    GIUSEPPE OLALLO VALDES

    Cuba 1820 – 1889

    RELIGIOSO FATEBENEFRATELLI

    Nato da relazione illegittima viene alla luce a Cuba il 12-2-1820. Un mese dopo è deposto nella ruota degli esposti che il vescovo ha fatto installare all’ingresso dell’orfanotrofio di Avana. Nel fagottino, oltre alla data di nascita, un bigliettino spiega che il bambino ancora non è stato battezzato e a ciò si provvede il 15 marzo, dandogli il nome di Giuseppe Olallo Valdès: il primo nome è in onore del santo cui è intitolato l’istituto; il secondo nome, assegnato a tutti i trovatelli perché non risulti la loro nascita da “genitori ignoti”, corrisponde al vezzeggiativo di S. Eulalia, festeggiata nel giorno in cui il bimbo è nato; il cognome Valdès è quello del vescovo, che così fa chiamare tutti i trovatelli della diocesi. Giuseppe passa dall’orfanotrofio alla “casa di beneficenza” e qui gli danno una buona istruzione che non avrebbe ricevuto in casa, visto che era un lusso riservato ai ricchi. Nel 1833 all’Avana scoppia un’epidemia di colera e il tredicenne si offre per l’assistenza: scopre così la vocazione della sua vita. Due anni dopo lo troviamo infatti nel noviziato dei Fatebenefratelli, che ai tre voti di povertà castità e obbedienza aggiungono il voto dell’ospitalità verso i malati più emarginati e trascurati, sull’esempio del fondatore S. Giovanni di Dio, autentico gigante della carità. Qui il ragazzo si trova a suo agio: gli insegnano a prendersi cura del prossimo sofferente e impara anche a modellare sé stesso, dato che durante il noviziato gli avevano contestato un carattere di troppa apparenza e di poca sostanza. Da questo suo lavorìo interno viene fuori un religioso con la spina dorsale ben diritta e con le idee chiare. Dell’una e delle altre ha davvero bisogno, perché si stanno preparando momenti difficili per i religiosi cubani: abolizione dei conventi con meno di dodici frati, confisca dei beni ecclesiastici, riduzione allo stato laicale, come è avvenuto in Spagna a partire dal 1835. In quell’anno Fra Olallo viene destinato all’ospedale di Camaguey e una novantina di malati vengono affidati alle sue cure.

    Chiamato a scegliere tra questi ultimi ed una sua collocazione in un contesto migliore, sposa incondizionatamente la causa dei poveri. Il prezzo di questa scelta è ridursi ad essere un frate senza convento, senza confratelli e senza abito religioso. In questo ospedale vive per 54 anni, dormendo una sola notte fuori da quel tetto e per causa di forza maggiore. Dedica gli scampoli di tempo libero ad aggiornare le sue conoscenze infermieristiche, buttando l’occhio anche su alcune nozioni mediche, visto che in città i medici scarseggiano e deve anche fare piccoli interventi di chirurgia; ma non disdegna di andare al fiume a lavare la biancheria dei malati, quando l’ospedale non è più in grado di pagare una lavandaia. Sempre sorridente e disponibile, è capace di gesti coraggiosi e controcorrente, come quando raccoglie dalla strada e dà sepoltura al cadavere del generale Agramonte, ucciso dagli spagnoli o quando si oppone alle disposizioni governative sul tipo di malati da accogliere in ospedale, perché per lui i poveri non hanno etichetta. Povero come loro, vive di elemosina perché non ha nulla di suo; per loro si spende fino a consumare tutte le forze. Muore da semplice fratello laico (perché per il sacerdozio non si sentiva degno) il 7 marzo 1889 e gli fanno anche un monumento, avendo però cura di precisare che “questo toccherebbe il cielo, se si aggiungessero i cuori riconoscenti dei poveri che ha assistito”. Fra Giuseppe Olallo Valdés è stato proclamato beato, primo tra i cubani morti nell’isola, con una cerimonia per la prima volta celebrata a Cuba e a cui ha partecipato anche il presidente Raul Castro.

     

     

     

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