mercoledì 3 marzo ’21

     

     

    nell’immagine un dipinto di Alessandro Tofanelli

     

     

    IIa settimana di Quaresima

     

    Proverbio del Giorno

    Chi è in casa d’altri lasci i propri difetti sulla porta.

     

    Iniziamo la giornata pregando – S. Anselmo di Aosta

    Il mio cuore, è davanti a te, Signore, si sforza ma da solo non può farcela: ti prego fa’ tu ciò che non può. Introducimi nella cella del tuo amore: te lo chiedo, te ne supplico, busso alla porta del tuo cuore. E tu che mi fai chiedere, concedimi di ricevere. Tu che mi fai cercare, fa’ che ti trovi. Tu che mi esorti a bussare, apri a chi bussa. A chi darai se non dai a chi ti chiede?  Chi troverà se chi cerca, cerca inutilmente? A chi darai se non ascolti chi ti prega? O Signore, da te mi viene il desiderio, da te mi venga anche l’appagamento. Anima mia, sta unita a Dio, anche importunamente, e tu Signore non la rigettare, essa si consuma d’amore per te. Ristorala, confortala, saziala con il tuo affetto. Il tuo amore mi possieda totalmente, perché con il Padre e lo Spirito Santo, sei Dio benedetto nei secoli. Amen

     

    INNOCENZO DA BERZO

    Giovanni Scalvinoni nacque a Niardo (Brescia) il 19 marzo 1844. Rimasto orfano di padre, trascorse l’infanzia a Berzo. Frequentò poi il ginnasio nel collegio di Lovere e passò al seminario di Brescia. Ordinato prete nel 1867, fu vicario coadiutore a Cevo e vicerettore in seminario. L’innata timidezza, tuttavia, gli faceva desiderare una vita di nascondimento e solitudine. Si fece cappuccino e ricevette il nome di fra Innocenzo. Anche tra i frati ricoprì solo incarichi modesti. Trascorse la maggior parte del tempo al convento-eremo dell’Annunziata, donde veniva chiamato a predicare gli esercizi spirituali nei conventi della Lombardia. Cominciò allora a diffondersi la fama della sua santità: malati e afflitti accorrevano per ricevere la sua benedizione ed era al confessionale da mattino a sera. Morì nel convento di Bergamo il 3-3-1890. Fu beatificato da San Giovanni XXIII.

     

    Parola di dio del giorno (Matteo 20,17-28)

    Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù lungo il cammino disse ai discepoli: «Ecco, il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».».

     

    Riflessione del giorno – Frammenti di vita

    Non si può definire un ottimista, ma neanche un disfattista; l’età avanzata gli ha insegnato a guardare con distacco persone e avvenimenti, ma ogni tanto si lascia andare al rimpianto del passato e alla lamentela su un presente “che -confessa- faccio sempre più fatica a comprendere e ad accettare”. Ma siccome è un uomo saggio e arguto, lo si ascolta sempre volentieri. Qualche giorno fa esordì dicendo: “Ho paura che di questo passo faremo la fine della rana”. “Di che cosa parla?” chiesi. E lui: “Un tale in vena di esperimenti prese una rana e la gettò in una pentola d’acqua bollente: non appena le zampette dell’animale sfiorarono la superficie dell’acqua, la rana diede un balzo e si mise al sicuro. Giorni dopo quel tizio pose la stessa rana in una pentola d’acqua fredda che mise sul fornello: poi accese il gas a fuoco lento e notò che la raganella mostrava di gradire quell’acqua sempre più tiepida. Ma poco a poco l’acqua si riscaldò a tal punto che la rana morì bollita”. Fingo di non capire: “A parte la crudeltà del tizio, cosa significa la storia?”. E lui: “Questo nostro tempo è riuscito là dove le rivoluzioni hanno fallito: cuocere le nostre coscienze a fuoco così lento, che non ci siamo nemmeno accorti che ormai eravamo bolliti”.

     

    Intenzione di preghiera del giorno

    Per l’ambasciatore, il carabiniere e l’autista uccisi in Congo e per chi perde la vita cercando di donarla.

     

     

    Santi e beati della carità

    Beata Maria Karlowska Fondatrice

    Nata nel 1865 in una famiglia religiosa e numerosa (era l’11.a figlia!), orfana di entrambi i genitori a 17 anni, Maria Karlowska va a Berlino a fare un corso da sarta e lavora nella sartoria della sorella. A 17 anni non pensa di farsi suora, ma intanto fa voto di castità e inizia a girare di casa in casa, per servire i malati e soccorrere i poveri. Insieme alle malattie da curare si imbatte nel degrado morale e nelle ingarbugliate vicende familiare dei suoi assistiti. Dieci anni dopo, nel 1892, incontra una prostituta ed è un incontro decisivo: da allora tutte le energie saranno indirizzate ad aiutare le povere ragazze a uscire dal “giro” e a tagliare i ponti con la criminalità, che con la prostituzione da sempre trova di che foraggiarsi. Le autorità polacche tollerano la prostituzione e si limitano a “censire” le donne imponendo periodici controlli sanitari per prevenire il diffondersi delle malattie veneree.

    Maria sa di dover fare di più e, tanto per cominciare, cerca di avvicinarle a una a una: nei cortili, negli androni e, d’estate, nel cimitero, perché non può farlo in luogo pubblico dato che tutti le sono contro. Per loro apre una casa d’accoglienza e si fa aiutare da ragazze, generose e anticonformiste come lei. E per dare continuità alla sua opera le organizza in congregazione: nascono così le Suore Pastorelle alle quali Madre Maria insegna a “fare le cose ordinarie in modo straordinario, con cura e dedizione”; chiede di perseguire “una santità nascosta, presente solo a Dio”; le educa a essere “anime silenziose” e ad avere una “castità immacolata”, indispensabile per avvicinare persone abbruttite dal peccato e dal vizio. I risultati arrivano: si calcola che siano oltre cinquemila le donne che riesce a sottrarre alla strada, accogliere nella sua “Casa del Buon Pastore”, rieducare alla vita e all’amicizia con Dio. Dopo aver insegnato loro un mestiere, le aiuta a formarsi una famiglia: molte diventano mamme esemplari, alcune restano con Madre Maria, per aiutarla a proseguire la sua opera. Perché lo Stato le conferisce la Croce d’Oro al Merito, ma non le elargisce nessun aiuto, e bisogna lavorare sodo per mantenere le tante “figlie” che lei si è acquistata sulla strada. Madre Maria Karlowska muore nel 1935, ma la sua opera non muore con la suora polacca che il Papa polacco ha beatificato il 6 giugno 1997.

     

     

     

     

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