Proverbio del giorno:
«Chi nasce è bello, chi si sposa è buono e chi muore è santo»
Iniziamo la Giornata Pregando
O Dio, Padre della vita e autore della risurrezione, davanti a te anche i morti vivono; fa’ che la parola del tuo Figlio seminata nei nostri cuori, germogli e fruttifichi in ogni opera buona, perché in vita e in morte siamo confermati nella speranza della gloria. Per Cristo nostro Signore. Amen
Beati 498 martiri spagnoli
Beatificati da parte di papa Benedetto XVI, nel 2007 a Roma, i 498 martiri spagnoli sono la più folta schiera di testimoni della fede mai elevata alla gloria degli altari nei tempi moderni dalla Chiesa Cattolica. Le vittime dell’odio alla fede cristiana nella persecuzione religiosa della Guerra Civile Spagnola nella prima metà del XX secolo superarono il milione, colpendo persone di ogni età e classe sociale: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. E’ stato appurato che anarchici e comunisti si proponevano di annientare la Chiesa Cattolica spagnola.
Ascoltiamo la Parola di Dio (Luca 14,25-33)
In quel tempo, siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Riflessione del Giorno (Frammenti di vita)
Stava attraversando un momento difficile e non vedeva vie d’uscita dal tunnel buio in cui si era infilata la sua esistenza. Aveva smesso di andare la chiesa, perché “Dio non c’è e se c’è non ascolta” diceva e si era chiuso in un cupo isolamento. Prima, nei momenti di scoramento si recava sulla tomba dei genitori a cercare conforto; poi si era rassegnato al fatto che “…se non c’è Dio, non ci sono neanche loro”. Fu allora che gli capitò di incontrare un amico del collegio e intrecciò con lui un dialogo sull’onda dei ricordi. Un giorno l’amico gli consegnò una busta: “Sapevo di averla messa da parte e ho buttato in aria tutta la casa per trovarla”. L’aprì: c’era una vecchia cartolina anni ‘60 del suo paese. “Alla fine di 3a media abbiamo lasciato tutti e due il collegio e in segno di amicizia tu mi hai dato questa…”. La girò e riconobbe la grafia: “All’amico R. come ricordo di me e del mio paese” aveva scritto. Il regalo era poca cosa, ma trovò straordinario che l’amico l’avesse custodita per più di 50 anni. Ebbe un tuffo al cuore però quando si accorse che la cartolina gliel’aveva inviata sua mamma che aveva scritto: “Caro A. sei sempre nel cuore mio e di papà e ogni giorno ti ricordiamo e preghiamo per te. Aspettiamo con ansia di poterti riabbracciare”. La risposta tanto attesa era finalmente arrivata.
Intenzione del giorno
Preghiamo per le vittime del maltempo e per chi ha perduto i propri cari e i propri beni.
Don’t forget! – Il personaggio della settimana: i santi della carità
DON GIULIO FACIBENI: IL “PADRE” DEGLI ORFANI (1884 – 1958)
Nato da una famiglia modesta, studiò nel seminario di Faenza, si iscrisse a Lettere a Firenze nel 1904 e si mantenne lavorando come assistente al semi-convitto delle Scuole Pie Fiorentine dei Padri Scolopi. Fino da giovane si prese cura dell’educazione dei bambini. Ordinato prete nel 1907 a Fiesole, lasciò gli studi e si impegnò nelle scuole serali di S. Maria al Pignone, con le figlie dei carcerati e gli studenti delle scuole secondarie, che chiamava “i cittadini del futuro”: nel 1910 fondò Italia Nuova, circolo di studenti cattolici delle scuole secondarie e lo dotò anche di un giornale, dallo stesso titolo.
Dal 1912 venne mandato come vicario a S. Stefano in Pane in un quartiere proletario, industriale, con molti problemi, nei quali don Giulio subito si immerse. In particolare lo preoccupava l’educazione dei piccoli. Lo scoppio della prima guerra mondiale lo sorprese in parrocchia: organizzò subito un asilo per i figli dei richiamati. Al fronte, come cappellano militare nella IV Armata, sull’Isonzo e sul Monte Grappa si guadagnò una medaglia d’argento al Valor Militare. Sotto il fuoco nemico, fuori dalla trincea, cercava di recuperare i feriti e confortarli, chiudeva gli occhi ai morti, senza fare distinzione tra austriaci e italiani. Spesso raccoglieva le ultime parole dei soldati che gli raccomandavano i figli. Così nacque l’Opera della Madonnina del Grappa, inaugurata il 4 novembre 1924 a Rifredi. Don Giulio scriverà che Dio “l’ha voluta in questo quartiere operaio, aliena da umane protezioni e sicurezze e sostenuta dalla preghiera e dal lavoro degli umili, perché fosse Apologia vivente della Divina Provvidenza”. Gli orfani accolti furono 12 nel 1924, 100 nel 1928, 350 nel 1939. Indipendente dal regime fascista, di cui denunciava pubblicamente i misfatti, durante la 2.a Guerra Mondiale, don Facibeni riuscì a fare molto per profughi e ricercati, nelle case aperte in molte zone della Toscana. Soprattutto si spese per la salvezza degli Ebrei e dei loro bambini; con alcuni ebbe un rapporto di amicizia e di forte empatia. A Louis Goldman regalò addirittura una grammatica della lingua ebraica perché mantenesse la sua fede e le sue tradizioni. Cittadino benemerito di Firenze (1951), medaglia d’oro dell’Università fiorentina per i suoi meriti nel campo dell’educazione (1957), don Giulio morì il 2 giugno 1958 e tutta la città si fermò per la perdita del “Padre”, come veniva chiamato da tutti. Dal 2 settembre 1996 risulta iscritto nell’Albo dei giusti tra le nazioni a Yad Vashem; il 4-8-2007 sul Grappa la sua memoria è stata insignita della Croce d’Onore dal Governo austriaco per la sua pietà, capace di vedere nel soldato ferito o morente un uomo bisognoso di conforto e non un amico o un nemico.
nell’immagine un dipinto di Romaine Brooks
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