Se non ci si pente del dolore provocato

     

    Non si può non rimanere impressionati dalla superficialità con cui vengono trattati certi argomenti e problematiche. Se uno uccide la compagna e si toglie la vita davanti ai figli, non può essere che un raptus! Se due sparano a un ragazzo che non c’entra niente, uccidendolo, è uno scambio di persona.

    Se il mafioso – che ha sulla coscienza decine di morti ammazzati – è in isolamento, è tortura di Stato. Lo scorso anno in Italia i casi di omicidio volontario sono stati 309, uno ogni 200mila abitanti. Il che ci dice che da una parte uccidere una persona da noi è più difficile di quanto si creda (a Caracas nel 2022 ne sono stati ammazzati 12mila, uno ogni mille abitanti), dall’altra però ci ricorda che ognuno dei 309 uccisori è come se sommasse in sé la violenza di 200mila persone.

    Se poi, come nel caso del mafioso catturato dopo una lunga latitanza, i morti sono una ventina, è facile calcolare che lui solo ha prodotto una violenza così spaventosa che per eguagliarla ci vorrebbero 4 milioni di persone col loro quotidiano carico di litigi e conflitti.

    La cattiveria di pochi non si limita a ucciderne alcuni, provoca anche abissi di dolore nell’animo di troppi. È bene che se ne ricordi chi protesta per il rispetto dei diritti di chi nella sua vita non mai ha rispettato i diritti di nessuno e chi invita a perdonare gente che non ha la minima intenzione di pentirsi del dolore provocato.

     

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