venerdì 21 agosto ’20

    XXa Settimana del tempo Ordinario

    Proverbio del giorno:

    Non si può tagliare l’acqua con la spada. (Laos)

     

    Iniziamo la giornata pregando

    Signore, noi ci impegniamo a essere costruttori di pace, non ci presteremo a essere strumenti di violenza e distruzione; difenderemo la pace, pagando di persona se necessario. Signore fa’ di noi operatori di pace e di giustizia. Amen

    Pio X. Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova (1884) e patriarca di Venezia (1893), sale al papato col nome di Pio X. Come Papa afferma che la partecipazione ai SS. Misteri è la fonte prima e indispensabile alla vita cristiana; difende l’integrità della dottrina della fede, promuove la comunione eucaristica dei fanciulli, avvia la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupa della Questione romana e dell’Azione Cattolica, cura la formazione dei sacerdoti, fa elaborare un nuovo catechismo, favorisce il movimento biblico, promuove la riforma liturgica e il canto sacro

     

    Ascoltiamo la Parola di Dio Matteo 22,34-40

    In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

     

    Riflessione per il giorno (la sapienza dei padri del deserto)

    Il beato Macario raccontò di sé questa storia: “Quand’ero giovane e vivevo da solo nella mia cella, accadde che una giovane donna si mise nei guai e rimase incinta. E, quando i genitori le chiesero chi era il responsabile, disse: L’eremita ha commesso il crimine. Così i suoi genitori vennero a prendermi e mi condussero per le strade percuotendomi e insultandomi, dicendo: Questo monaco ha violentato nostra figlia. Dopo che mi ebbero quasi ucciso a furia di bastonate, uno degli anziani disse loro: Per quanto tempo avete intenzione di percuotere il monaco? Ma poiché egli cercava di prendersi cura di me, questi presero a insultare anche lui dicendo: “Perché stai cercando di difendere quest’uomo? Non lo lasceremo andare finché non avrà provveduto alla ragazza e finché qualcuno non garantirà per lui nel caso che si nasconda”. Io feci cenno all’anziano di fare come gli dicevano ed egli si fece garante e mi portò via. Tornai nella mia cella, gli diedi tutti i cesti che trovai da vendere, per procurare cibo a me e alla mia compagna e dissi a me stesso: “Macario, ora hai una moglie e devi lavorare più sodo per essere in grado di mantenerla”. Così lavorai giorno e notte per darle da vivere. Ma quando per la poveretta venne l’ora di partorire, fu tormentata per giorni dalle doglie del parto, ma non poteva dare alla luce il bambino. E quando le fu chiesto conto, disse: “Ho accusato l’eremita, ma lui era innocente, poiché è stato il giovane della porta accanto a mettermi in questo stato”. Allora colui che mi aveva aiutato, udendo ciò, venne a raccontarmi tutto e a chiedermi di perdonarli tutti quanti. Udendo questo e temendo che la gente venisse a importunarmi, fuggii in un altro luogo”.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per i bambini del catechismo, per i catechisti e i genitori

     

    Don’t forget!

    Il ricordo e il grazie… 

     

    66) Don Francesco Orsini 

    IL PRETE DELLE GRANDI SFIDE 

    Morto il 12 aprile 2020

     

    Noi don Francesco Orsini lo abbiamo sempre chiamato amichevolmente «orso», per la sua energia fisica e la sue origini montanare: era nato nel 1947 a Boario di Gromo. Rimasto orfano di padre, è stato allevato dalla mamma e da una zia in una stalla ai bordi dei boschi degli Spiazzi: una vita grama con poche mucche e il fieno magro da rubare ai pascoli scoscesi…Ce lo siamo trovato nel Seminario di Clusone: allenato alla vita dura, non soffriva per le limitazioni della disciplina, anzi ci sfidava nelle gare per gli impegni della preghiera e dello studio. È sempre stato duro con se stesso e mite con gli altri. E anche nel percorso degli studi impressionava la sua applicazione sui temi più profondi prima della filosofia e poi della teologia. Ci veniva da chiedere: «Ma da dove viene tanta sapienza a uno sceso dai monti?». Consacrato prete nel 1972, ha accettato la sfida di collaborare con i preti della Val di Scalve con servizio a Colere: sembrava il suo luogo ideale sul versante opposto dei suoi monti. Ma poi è sceso a valle: a lui che non aveva idea di oratorio è stato affidato per 5 anni quello di Ponte Nossa e poi per 3 anni quello di Paladina. Ancora più forte la scelta di accettare la missione di cappellano dei migranti in Svizzera per 8 anni; amichevolmente lo criticavamo per essere diventato, lui montanaro, un prete borghese-svizzero. Invece ha saputo adattarsi a un ministero soprattutto di incontri personali e di apertura ecumenica con la Chiesa protestante, non facile a quel tempo.  Ma la scelta che ci ha colto di sorpresa è stata la partenza per l’Africa come prete «fidei donum»: un sogno che coltivava nel cuore da tempo. E dal 1989 per 31 anni la sua vita si è consumata per la «sua Africa» nei villaggi attorno a Tanda, missione della nostra diocesi. C’è un’immagine di P. Francesco giovane missionario con la veste bianca che danza in mezzo a un nugolo di bambini neri dagli occhi splendenti. E quando dall’Italia arrivavano gruppi giovanili per una «vacanza missionaria» era lui che dava indicazioni e smontava facili entusiasmi perché potessero rispettare e capire il mondo africano che lui conosceva e amava. E per l’Africa ha dato tutto e ha sofferto varie volte la malaria.  Negli ultimi anni ha scelto di aprire una nuova missione nella zona più povera e pericolosa del Paese. Il 12 gennaio di quest’anno ci è giunto un messaggio drammatico: «Vi informo che domani lascio la parrocchia a causa dei jihadisti e sono rifugiato in zona sicura» e 2 giorni dopo: «Ho rischiato: otto del Malì mi aspettavano dove domenica dovevo fare la Messa; su segnalazione non sono partito. Ora sono al sicuro». Tre mesi fa don Francesco ha rischiato di essere rapito e magari ucciso (come altri cristiani) da terroristi locali, per questo e stato sollecitato a ritornare a Tanda, anche per la salute compromessa. La visita del nostro Vescovo e di don Massimo Rizzi e gennaio l’ha invitato a rientrare in Italia…ma non aveva più le forze e volle rimanere lì in Africa.  Sottoposto a intervento chirurgico all’ospedale di Abidjan, è morto sereno il giorno di Pasqua «Le persone grandi nelle solennità grandi; don Francesco nella Solennità più Grande!» (don Vinicio). Il Signore accolga nella sua Pasqua eterna il nostro fratello don Francesco che come Lui ha consumato la sua vita nell’amore del Padre verso i suoi figli più abbandonati. E noi preghiamo per questo confratello «prete delle grandi sfide» perché lo accolga un nugolo di Angeli con gli occhi splendenti dei suoi bambini neri. (Don Angelo Oldrati)

     

     

     

     

     

    nell’immagine un dipinto di George Dunlop Leslie

     

     

     

     

     

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