venerdì 27 aprile ’18

    4a Settimana di Pasqua

     

    nell’immagine una serigrafia di Ugo Nespolo

     

     

    Proverbio del Giorno (Proverbio Yiddish)

    La ragazza che non sa ballare, dice che l’orchestra non sa suonare.

     

    Cominciamo la Giornata Pregando

    Tu, il Risorto, quando abbiamo il desiderio di accogliere il tuo amore, poco a poco, nel più profondo di noi stessi, una fiamma si accende. Animata dallo Spirito Santo, questa fiamma d’amore può essere a prima vista molto fragile. L’inverosimile è che essa brucia in continuazione. E quando capiamo che tu ci ami, la fiducia della fede diventa il nostro canto.”.

     

    Santo del Giorno Zita (Cita)

    Di famiglia umile, a 12 anni fu assunta come domestica a Lucca. Attenta e puntigliosa nel lavoro, sopportava angherie e rimproveri dei padroni, che la trattavano come serva. La gentilezza d’animo conquistò l’affetto della famiglia che le affidò la direzione della casa. Ne approfittò per aiutare i poveri, donando quanto riusciva a risparmiare. Morì nel 1272. E’ patrona delle domestiche

     

    La Parola di Dio del giorno (Gv 14,1-6)

    In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». 

     

    BREVE COMMENTO AL VANGELO

    Gesù rivela che nella casa di suo Padre c’è posto per molti: la paternità di Dio non riguarda solo il Figlio, Gesù, ma anche i suoi discepoli. Dunque la casa di Dio può essere casa loro come lo è di Gesù: accoglienza che non richiede meriti, perché è gratuita, paterna, che accoglie tutti i figli con lo stesso amore. Gesù se ne va, lascia visibilmente i discepoli, ma, passato da questo mondo al Padre, prepara i posti e apre la via di accesso all’intimità filiale con Dio.

     

    Riflessione Per Il Giorno (Da Il Messaggero.it del 3 aprile 2018)

    Dopo settimane d’angoscia, i genitori Mike e Kerry, 36 e 29 anni, d’accordo con i medici del Queens Medical Hospital di Nottingham che non davano al piccolo (Dylan Askins, due anni) alcuna chance di sopravvivenza, presero la decisione straziante di staccare la spina. Il 25 marzo del 2016, nel giorno del Venerdì Santo, lo fecero battezzare e dettero il consenso per bloccare il supporto vitale. Era tutto pronto per avviare la procedura e i medici avevano già cominciato a sedarlo quando, con un insperato e inspiegabile colpo di coda, Dylan cominciò ad avere segni di ripresa. Un miglioramento improvviso e potente, tanto da costringere i medici a un rapido dietrofront: nel giro di pochi giorni il bimbo tornò in condizioni più che soddisfacenti e il 16 maggio fu dimesso dall’ospedale. Oggi, a due anni di distanza, ancora una volta nei giorni delle festività pasquali, Dylan è stato dichiarato guarito».

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per chi ha perduto la fede e non si rende conto della gravità di tale perdita.

     

    Personaggio della settimana

    ROLANDO MARIA RIVI

    Nacque il 7-01-1931 a S. Valentino (Reggio Emilia), da famiglia profondamente cattolica. Brillante e vivace, di lui si diceva: «O diventerà un mascalzone o un santo». Quando era la seconda media, i tedeschi occuparono il Seminario e tutti i seminaristi mandati a casa, ma Rolando continuò a sentirsi seminarista: questa pubblica appartenenza a Cristo gli fu fatale. Un giorno Rolando prese i libri e andò a studiare in un boschetto. Arrivati i partigiani, lo sequestrarono e dopo tre giorni di torture lo condannarono a morte. Lo uccisero il venerdì 13 aprile 1945.

    L’idea diffusa e in parte anche giustificata, è che il martire debba essere di età almeno matura o almeno giovane, ma non un ragazzino. Anche per questo la tragica vicenda che ebbe per protagonista Rolando Rivi (1931–1945) ha dei contorni assai singolari: costui trovò infatti la morte in odium fidei a 14 anni appena. Sequestrato dai partigiani, venne fatto prigioniero per tre giorni subendo le peggiori violenze a base, fra le altre cose, di micidiali colpi di cinghia che gli strapparono la pelle dalla schiena. Infine, venne condotto in un bosco presso Piane di Monchio, Modena, dove gli fu fatta scavare la propria fossa e, fattolo inginocchiare, gli spararono due colpi di rivoltella, il primo al cuore e il secondo in fronte. Poi, della sua nera e immacolata talare, fecero un pallone da prendere a calci. La ragione per cui al giovane venne riservato un trattamento simile era fin troppo evidente: costui era infatti in un giovane seminarista, indossava l’abito talare e si trovò suo malgrado a vivere fra Bologna, Modena, Reggio Emilia – il famigerato “Triangolo della morte” – dove, tra la fine della 2.a Guerra Mondiale e il periodo successivo, circa un centinaio fra sacerdoti e religiosi furono eliminati dai «rossi». Della tragica fine del giovane Rivi – venerato come Beato dall’ottobre 2013 – colpiscono, oltre alla giovanissima età, il coraggio e la piena consapevolezza dei rischi che correva a indossare l’abito talare che i familiari gli intimarono più volte di togliere, ottenendo dal giovane una risposta spiazzante: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù». Il coraggio di dirsi «di Gesù», come fece il giovane Rivi – la cui vicenda, per ovvie ragioni politiche, è stata per molto tempo rimossa – dovrebbe farci riflettere a lungo sulla nostra fede, così spesso vacillante e tiepida.

     

     

     

     

     

     

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