Martedì 14 marzo 2023

     

    3a settimana di Quaresima 

     

    Aforisma di Nicolàs Gòmez Dàvila

    I Vangeli e il Manifesto del partito comunista sbiadiscono; il futuro del mondo appartiene alla Coca-Cola e alla pornografia.

     

    Preghiera del giorno

    Non ci abbandoni mai la tua grazia, o Signore, ci renda fedeli al tuo santo servizio e ci ottenga sempre il tuo aiuto. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

     

    Santo del giorno

    S. Matilde

    Da lei e dal marito Enrico I (duca di Sassonia e re di Germania) discende la casata che conterà 4 imperatori: la dinastia sassone. Educata nel monastero di Herford, in Westfalia, dove sua nonna era badessa, Matilde sa leggere e scrivere, un fatto non frequente nelle grandi casate del tempo, e non si mantiene estranea alle vicende della politica.

    Quando nel 936 muore suo marito, lei non è favorevole al primogenito Ottone come successore e tenta di far proclamare re il più giovane Enrico. Si arriva a un conflitto tra i due fratelli. Dopo l’incoronazione imperiale di Ottone a Roma (962) la famiglia è riconciliata.

    Matilde si ritira nel monastero di Nordhausen, dove, dopo essersi spesa per i poveri e i malati, si ammala, e più tardi si trasferisce in un altro monastero in Sassonia dove morirà.

     

    Parola di Dio del giorno Matteo 18,21-35

    Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti.

    Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”.

    Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quel che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

    Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

     

    Riflessione del giorno

    È proprio vero che non si finisce mai di imparare: a me in pochi giorni sono capitate due occasioni. Mercoledì 8 marzo, alla fine della Messa un amico mi fa: “Si capisce che non sei sposato: “te de dòne te capeset negòt!”. “Perché?” chiedo. “Oggi è la giornata della donna, no? In questo giorno i maschi a una donna regalino fiori, facciano gli auguri e ricordino che le parole più apprezzate sono quelle non diranno.

    Tu non hai regalato i fiori e passi, ma sei proprio un prete e non ce la fai a stare zitto nemmeno nel giorno in cui solo le donne possono parlare di sé stesse”. Devo ammettere che aveva ragione! Giorni prima ero andato in ospedale per degli esami, accompagnato da un amico di due anni meno: faticavo a reggermi in pedi per il dolore a una gamba e il malessere diffuso ed ero tutto imbacuccato con la mascherina che lasciava scoperta solo parte del viso.

    Un’infermiera si rivolge al mio amico e gli fa: “Inviti suo papà a sedersi, per non stancarsi troppo”. Di colpo ho scoperto che la mia età non era né quella anagrafica (73 anni) né quella che la testa mi faceva illudere di avere (una decina in meno), ma che agli occhi altrui io ero un ultranovantenne male in arnese. Così ho imparato che se anche ci si impegna a dire e a fare tutto bene, non è detto che gli altri capiscano. Ma ho imparato pure che è bene non prendersela troppo…       

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Per l’ennesimo naufragio di migranti e le decine di vittime: perché si trovi il modo di sottrarre alla delinquenza il traffico di esseri umani.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

    WINSLOW HOMER: SCHIOCCA LA FRUSTA

    1872 – olio su tela – 56 x 91 cm – Butler Institute for American Art – Youngstown USA

    Winslow Homer (1836 – 1910) è considerato uno dei pittori più importanti in America secolo XIX e figura preminente nell’arte americana. In questo quadro che è considerato uno dei suoi capolavori, il pittore racconta il rapporto simbiotico della gente di campagna con gli spazi aperti e liberi, ma duri da conquistare in cui si trovava a vivere. “Schiocca la frusta” racconta l’omonimo gioco di bambini davanti alla piccola “scuola rossa” in cui studiano.

    Il bianco intenso e luminoso delle camicie di alcuni crea un singolare contrasto con il mare di verde che avvolge la scena e lo sfondo rosso dell’edificio scolastico, ma insieme crea un equilibrio perfetto fra la costruzione, il paesaggio e gli scolari. Homer cattura in questo quadro le gioie della fanciullezza e il dipinto è carico di festosa nostalgia: infatti non importa che vita abbiamo condotto, ma tutti noi ai suoi inizi abbiamo sperimentato momenti come questo: i piedi nudi che corrono sul prato cantano la libertà.

    Il dipinto è tra i più famosi e familiari di Homer perché attinge ai profondi archetipi e alle esperienze custodite nei recessi di un passato universale. Siamo stati tutti bambini che giocavano all’aperto e ci siamo sentiti tutti gli uni più o meno uguali agli altri, senza le responsabilità degli adulti. Il quadro rappresenta la benedizione dell’infanzia e il suo cameratismo spensierato.

    Il quadro richiama alla mente la coeva letteratura americana di autori come Mark Twain con le meravigliose avventure dei suoi “bravi monelli” alla Tom Sawyer e Huckleberry Finn. Schiocca la frusta rimane uno dei più raffinati esempi dello stile naturalistico così originale e squisitamente americano di questo grande artista. 

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