XXIII settimana Tempo Ordinario
Aforisma dalla lettera ai Romani
Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge.
Preghiera colletta
O Padre, che ascolti quanti si accordano nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio, donaci un cuore e uno spirito nuovo, perché ci rendiamo sensibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell’amore, compendio di tutta la legge. Per il nostro Signore Gesù Cristo Tuo Figlio che è Dio e vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Parola di Dio XXIII domenica T.O.
Ezechiele 33,7-9; Salmo 94; Romani 13,8-10; Matteo 8,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Riflessione del giorno
La proposta che Gesù rivolge ai discepoli, se oggi la applicassimo a chi sbaglia, ci beccheremmo una denuncia per violazione della privacy e calunnia. Ma Gesù raccomanda la pratica di questa norma non a tutti, ma ai suoi discepoli per regolare i vicendevoli rapporti all’interno del gruppo e la comunità cristiana dei primi tempi le dà una formulazione ben precisa. Comunque per non inciampare nel rigore della norma, è bene cercare di coglierne lo spirito.
Precisiamo perciò anzitutto che quella cristiana non è comunità di perfetti, ma di perdonati: se infatti siamo figli di Dio, lo siamo per grazia, per la pietà che Dio ci accorda in modo incondizionato; se siamo fratelli, non lo è solo in virtù della comune appartenenza al Regno, ma anche della condivisione della stessa miseria umana. Non a caso Dietrich Bonhoeffer ci ricorda che nulla è più lontano dalla volontà di Dio di una comunità cristiana che vive di ideali e che la persona più pericolosa per la sopravvivenza della comunità è “il cristiano rigoroso che si porta dietro un’idea ben precisa del vivere insieme da cristiani e cerca a tutti i costi di realizzarla”.
Perciò, affinché la correzione fraterna funzioni, è necessario sforzarsi di soffocare in sé orgoglio e amor proprio; è necessario desiderare la salvezza altrui più della propria; è necessario amare il peccatore, pur detestando il suo peccato. È infine necessario portare umilmente il peso della colpa del fratello, come Gesù ha portato il peso della nostra. A sua volta il colpevole accoglierà con riconoscenza la correzione, soltanto se avrà capito di avere bisogno del perdono di Dio e degli altri e di non poter vivere senza la comunione con Dio e con gli altri.
Difficile che lo capiscano quelli che non hanno bisogno di nessuno e non hanno bisogno di perdono, perché si ritengono innocenti a prescindere e si autoassolvono dei loro sbagli, con la stessa faciloneria con cui condannano gli sbagli altrui. Ma rimaniamo in casa nostra: finché noi cristiani saremo tentati di fare la morale a tutti meno che a noi stessi, perché stupirsi che la correzione fraterna sia così difficile da praticare nelle comunità?
Intenzione di preghiera
Perché le comunità cristiane pratichino la correzione fraterna secondo le indicazioni di Gesù nel Vangelo di questa domenica.
Don’t forget! Santo del giorno
Nacque nel 1245 a Castel S. Angelo in Pontano, diocesi di Fermo. A 14 anni entrò fra gli eremitani di S. Agostino di Castel S. Angelo come oblato, cioè senza obblighi e voti. Entrato nell’ordine, nel 1274 fu ordinato prete a Cingoli. La comunità di Tolentino diventò la sua «casa madre» e suo campo di lavoro il territorio marchigiano con i vari conventi che lo accoglievano come predicatore.
Dedicava buona parte della giornata a lunghe preghiere e digiuni. Un asceta che diffondeva sorriso, un penitente che metteva allegria. Lo sentivano predicare, lo ascoltavano in confessione o negli incontri occasionali, ed era sempre così: veniva da otto-dieci ore di preghiera, dal digiuno a pane e acqua, ma aveva parole che spargevano sorriso.
Molti venivano da lontano a confessargli ogni sorta di misfatti, e andavano via arricchiti dalla sua fiducia gioiosa. Sempre accompagnato da voci di miracoli, nel 1275 si stabilì a Tolentino dove resterà fino alla morte il 10 settembre 1305.
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