martedì 3 marzo ’20

     

    nell’immagine un dipinto di George Wesley Bellows

     

     

    Frase del giorno – Lao Tzu

    Amare profondamente qualcuno ti dà coraggio. Essere amati profondamente da qualcuno ti dà forza.

     

    Iniziamo la Giornata Pregando

    Ringrazia e adora Dio dal profondo di te stesso per la grazia che ti ha fatto nel conservarti la notte passata; e se in essa tu avessi peccato, chiedigli perdono.

     

    Il santo del giorno – Beato Innocenzo da Berzo (Giovanni Scalvinoni)

    «Gesù è da tutti offeso nel mondo: tocca a me non lasciarlo solo nell’afflizione. L’amore di Dio non consiste in grandi sentimenti, ma in una grande nudità e pazienza per l’amato Dio. Non c’è altro mezzo migliore per custodire lo spirito che patire, fare e tacere. Avrò gran desiderio d’esser soggetto a tutti e in orrore l’esser preferito al minimo» (Fra Innocenzo). Giovanni Scalvinoni nacque a Niardo (Brescia) il 19 marzo 1844. Rimasto orfano di padre, trascorse l’infanzia a Berzo.  Frequentò poi il ginnasio nel collegio di Lovere e da qui passò al seminario di Brescia. Il vescovo Geremia Bonomelli, all’epoca professore in seminario, così testimoniò al processo di beatificazione: «Il chierico Scalvinoni per l’ubbidienza, la modestia, la diligenza, l’umiltà, per un certo candore che traluceva da tutte le sue parole e azioni, conciliava gli animi di tutti i suoi compagni. Il solo vederlo edificava, benché facesse ogni cosa con tutta semplicità». Ordinato sacerdote nel 1867, fu vicario coadiutore a Cevo e vicerettore in seminario. L’innata timidezza, tuttavia, gli faceva desiderare una vita di nascondimento e solitudine. Si fece cappuccino e ricevette il nome di fra Innocenzo. Anche tra i frati ricoprì solo incarichi modesti.Trascorse la maggior parte del tempo al convento-eremo dell’Annunziata, donde veniva chiamato a predicare gli esercizi spirituali nei conventi della Lombardia. Cominciò allora a diffondersi la fama della sua santità. I malati e gli afflitti accorrevano per ricevere la sua benedizione. Nei giorni di festa era al confessionale dal mattino alla sera. Morì nel convento di Bergamo il 3 marzo 1890. Venne beatificato dal suo conterraneo, san Giovanni XXIII.

     

    La Parola di Dio del giorno Mt 6,7-15 – Dal Vangelo secondo Matteo

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

    «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.

    Voi dunque pregate così:

    Padre nostro che sei nei cieli,

    sia santificato il tuo nome,

    venga il tuo regno,

    sia fatta la tua volontà,

    come in cielo così in terra.

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

    e rimetti a noi i nostri debiti

    come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

    e non abbandonarci alla tentazione,

    ma liberaci dal male.

    Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

     

    Don’t forget!

    il 3 marzo, compleanno di Enzo Bianchi (76 anni), monaco, saggista, fondatore ed ex-priore della comunità di Bose

    L’INCREDULITÁ DEL CREDENTE di ENZO BIANCHI

    “Nei nostri giorni, di fronte al crollo di molte sicurezze e ideologie, noi cristiani non siamo chiamati a ridar fiato alle trombe di Giosuè; né possiamo pensare di guardare dall’alto Sodoma a Gomorra come il mondo perduto. Abitiamo anche noi Gerico e abitiamo Sodoma e Gomorra; e la nostra fede, dono prezioso, non è un sole che crea il giorno, ma una lampada che brilla e palpita nella notte, una fiammella esile che si mantiene solo in forza dell’olio dell’amore di Dio”.

    “La vera icona del credente non è quella che raffigura Pietro che cammina sulle acque verso Gesù, ma quella in cui Pietro sta per affondare, gridando al Signore: “Salvami!”; e il Signore lo afferra”.

    “Qualcuno forse si chiederà: ma un monaco conosce l’incredulità? Dico solo che, non essendo esente in nulla, conosce l’incredulità sia sotto la forma idolatrica – quella del fare del proprio progetto, della propria perfezione un idolo, in una autogiustificazione che perverte il rapporto con il suo Signore e Salvatore – , sia sotto forma di tentazione all’ateismo, alla “nientità”. È questa forse la tentazione più grande del monaco, che ha acquistato una certa maturità. Sì, in una vita di preghiera, di silenzio, di lotta anti-idolatrica attraverso la povertà, l’obbedienza, il celibato, è possibile essere tentati dall’ateismo, dalla “nientità”; è possibile non credere più a niente e a nessuno, non aderire più a nessuno; e sentire, esperire, affermare la “nientità” delle cose. Sì, nella vita monastica si può andare a fondo; anzi, prima o poi si va a fondo e si può affondare nell’oceano della “nientità”: niente, niente, neppure Dio!”.

    “Se c’è un modello evangelico, un typos che il monaco deve imitare – lo dice la regola di Benedetto – è quel peccatore che stando in fondo nel tempio, ai margini pregava : Signore, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,13), non quell’uomo religioso che si riteneva giusto, non bisognoso di conversione e di ritorno al suo Signore, non bisognoso di gridargli: “Signore, io credo; ma tu aiuta la mia incredulità!”

    E. BIANCHI, L’incredulità del credente in Cattedra dei non credenti, 1991 (tratto da C. M. Martini, Le cattedre dei non credenti, 2015: “Chi è come te tra i muti?” pp.463-465)

     

     

     

     

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