martedì 5 gennaio ’21

     

    nell’immagine un dipinto di George Bellows

     

     

    IIa Settimana di Natale

     

    Proverbio del Giorno – proverbio arabo

    La pioggia è sempre la stessa, eppure fa nascere spine nel pantano e fiori in un giardino.  

     

     Iniziamo la Giornata Pregando 

    Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui, sapienza incarnata, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda, illuminaci con il tuo Spirito, perché accogliendo il mistero del tuo amore, pregustiamo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

     

    Santo del giorno – AMELIA

    Di lei abbiamo solo il nome, riportato nell’elenco dei martiri per la fede, morti a Gerona in Spagna, nella carneficina che infuriò nell’impero romano, nella persecuzione di Diocleziano.

     

    La Parola di Dio del giorno Gv 1,43-51

    Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

     

    Riflessione Per Il Giorno (Mattutinio di Mons. Ravasi)

    Tacitamente nevica sui rami, / sui campi muti; e tutto imbianca un gelo, / tutto agghiaccia un oblio. Par che dal cielo / piova silenzio, e pare un sogno il mondo. «Egli sparge la neve come uccelli che discendono, come locusta che si posa è la sua caduta. L’occhio ammira la bellezza del suo candore e il cuore stupisce al vederla fioccare». Quasi con occhi di bimbo, il Siracide (43, 17-18), sapiente biblico del II secolo a.C., con queste parole contemplava una nevicata su Gerusalemme e sul deserto di Giuda. E con la stessa intensità anche i versi di Giovanni Marradi (1860-1922), poeta livornese, riproducono davanti ai nostri occhi un’esperienza che in questo inverno si è ripresentata anche in pianura. È un’esperienza di silenzio: la neve non ha il fragore del temporale o il picchiettare della pioggia battente, è tacita e genera attorno a sé un alone di quiete, anche perché le auto non possono più sfrecciare e i rumori si attutiscono. «Non uscire di casa. Resta al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare nemmeno, aspetta soltanto. Non aspettare nemmeno, sii assoluto silenzio e solitudine». Era il grande Kafka a lanciare questo appello che facciamo nostro. La neve è un segno di candore; il bianco è come il silenzio perché nulla vi è scritto; eppure sappiamo che è la sintesi di tutti i colori. Riflettere, meditare, contemplare sono atti silenziosi che si aprono però sulle parole più importanti, sulle azioni decisive, sul mistero che è in noi e che è oltre noi.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per il dialogo interreligioso e per l’impegno comune e condiviso per la pace.

     

    L’anno 21 di ogni secolo: 221 dopo Cristo

    A Roma regna Eliogabalo, membro della dinastia dei Severi, nato all’incirca nel 203 dopo Cristo. Si trova catapultato al potere ancora adolescente, nel 218, e subito inizia a scatenare polemiche. Con orrore dell’élite romana, l’imperatore ragazzo, il cui vero nome era Marco Aurelio Antonino, non si limita ad aderire al culto del dio del Sole siriano El-Gabal, di cui assume il nome, ma si comporta al limite di ogni decenza. Nel 221 il Papa è Callisto 1° che muore ucciso in un sollevamento popolare sebbene Alessandro Severo, l’imperatore lo tenesse in grande considerazione

     

    “1.000 quadri più belli del mondo”

    THOMAS GAINSBOROUGH: CONIUGI ANDREWS 1748/’50 – olio su tela - 69,8 x 119,4 cm - National Gallery Londra UK

    THOMAS GAINSBOROUGH: CONIUGI ANDREWS 1748/’50 – olio su tela – 69,8 x 119,4 cm – National Gallery Londra UK

     

    Questo ritratto è il capolavoro dei primi anni del pittore inglese Thomas Gainsborough (1727-1788).  Venne dipinto dopo il suo ritorno a casa nel Suffolk da Londra, dove aveva studiato per fare il pittore. L’artista si era da poco sposato in segreto perché la moglie era rimasta incinta prima del matrimonio. Le esigenze della nuova famiglia e le sue modeste finanze, costrinsero Gainsborough ad abbandonare la pittura di paesaggi per dedicarsi ai ritratti che erano pagati meglio. La sua prima commissione gli venne dal coetaneo Robert Andrews, cresciuto nello stesso paese dell’artista. Il soggetto è un ritratto di coppia che celebra le nozze tra Robert Andrews e Frances Carter. Lui era figlio di un proprietario terriero, arricchitosi con investimenti fondiari, ma soprattutto con l’attività di usuraio e lei era figlia di un facoltoso latifondista. I due giovani ben rappresentavano una nuova classe sociale di ricchi ma non nobili di rango, desiderosi di risalire la scala sociale. Il vasto paesaggio in cui sono collocati i due sposini, terzo protagonista dell’opera, testimonia la vasta tenuta dei due coniugi. Mr. Andrews è in piedi, abbigliato con un tricorno alla moda sul capo, anche se le vesti un po’ sbottonate e scomposte vogliono dare l’idea di un ritratto disinvolto, non in posa. Ha il fucile sottobraccio, la sacca per la polvere da sparo e il cane da caccia, tutti simboli di ricchezza perché in Inghilterra le licenze per cacciare erano date solo a chi aveva rendite terriere superiori alle cento sterline annue. La moglie è seduta su una panca di legno in stile rococò. Indossa cappellino e abito turchese, la cui gonna immensa arriva a coprire la panchina. Le scarpette di seta non sarebbero mai state indossate per una passeggiata nei campi e fanno pensare che l’opera sia frutto di una ricostruzione ideale. Una piccola porzione di tela nel grembo della signora Andrews è incompiuta, spazio forse riservato a un futuro bambino o, più banalmente, a un fagiano cacciato dal marito. Taluni elementi rappresentati nel dipinto potrebbero avere significato simbolico, come la quercia, emblema di stabilità, o i covoni di fieno che alludono alla fertilità. L’opera rimase proprietà della famiglia fino al 1960, quando entrò a far parte della National Gallery per una cifra esorbitante.

     

     

     

     

     

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