venerdì 15 maggio ’20

     

    nell’immagine  Tigran Vartani Petrosyan è stato uno scacchista sovietico di etnia armena, campione del mondo di scacchi dal 1963 al 1969.

     

     

    Va Settimana del Tempo Pasquale

     

    Proverbio del giorno (Cina)

    «Un asino rivestito di seta rimane pur sempre un asino».

     

    Iniziamo la Giornata Pregando 

    Signore, tu conosci più di noi il nostro cuore e tu sai che nel profondo non cerca e non desidera se non Te. Rendici capaci di rispondere alla tua chiamata e di lasciarci condurre dove tu vuoi, perché in noi si compia il tuo disegno d’amore e di predilezione.

     

    Isidoro Agricoltore

    Nato a Madrid nel 1070, lasciò la casa paterna per essere impiegato come contadino. Nonostante il lavoro partecipava ogni giorno all’Eucaristia e si dedicava alla preghiera, tanto che colleghi invidiosi lo accusarono falsamente, di togliere ore al lavoro. Quando Madrid fu conquistata dagli Almoravidi si rifugiò a Torrelaguna e si sposò, un matrimonio segnato da grande attenzione ai poveri: nessuno si allontanava senza aver ricevuto qualcosa. Morì il 15-05-1130.

     

    La Parola di Dio del giorno (Gv 15,12-17)

    Disse Gesù ai suoi discepoli: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

     

    Riflessione Del Giorno (Luciano Manicardi Comunità di Bose)

    Fare i conti con la fragilità: cosa significa? Cicerone nel suo trattato sull’amicizia scrive: “Poiché le cose umane sono fragili e caduche dobbiamo sempre cercare qualcuno da amare e da cui essere amati. Tolti infatti l’affetto e la benevolenza, ogni gioia è sottratta alla vita”. La fragilità è l’ambito al cui interno avviene la costruzione della nostra umanità. La fragilità può anche diventare creatrice di legami, come ponte che istituisce rapporti. La fragilità non è una virtù, mapuò divenire capace di mobilitare una società e di creare rapporti di solidarietà e dar vita a istituzioni che si prendono cura dei bisognosi. Nella crisi del coronavirus vediamo fiorire il sentimento di solidarietà che si esprime in gratuità, generosità e dedizione verso i bisognosi. Il problema non è la fragilità in sé, ma ciò che se ne fa: se riconosciuta e accettata, diventa lo spazio in cui lo spirito umano può manifestarsi come resiliente, creativo, geniale. Occorre uno sguardo che non si perde in complottismi e dietrologie, non cerca un colpevole, ma vede le vittime e si prende cura di esse. Come ha fatto Gesù. Il cui sguardo non si è mai posato anzitutto sul peccato o la colpa dell’uomo, ma sulla sua sofferenza: da lì è nata la sua azione di cura e di responsabilità per l’umano.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo perché dopo la pandemia, perché non ritorniamo a essere quelli di prima

     

    Don’t forget!

    Vite Straordinarie

     

    SERGEI KOURDAKOV, UN POLIZIOTTO “CATTURATO” DA DIO

    (NOVOSIBIRSK-SIBERIA 1-3-1951 TORONTO-CANADA 10-1-1973

    Sergei Kourdakov nacque il 1° marzo 1951 a Novosibirsk, in Siberia, e rimase orfano dei genitori a 4 anni e mezzo. La storia della sua famiglia è un’autentica tragedia: i nonni paterni morirono di stenti, perché si ribellarono al programma di collettivizzazione di Stalin nel 1928; il padre fu fucilato nel 1955, quando Krushov andò al potere; la madre morì di crepacuore pochi mesi dopo la morte del marito. Sergej rimase solo! Alcune famiglie, amiche dei genitori, si presero cura di lui fino all’età di sei anni e poi, come tanti altri orfani, fu indirizzato a un collegio di Stato. Fino all’età di nove anni rimase nel Collegio Numero 1 di Novosibirsk: fu un periodo duro, senza affetti e senza il calore di autentiche relazioni umane. Sergei ne soffrì tantissimo. All’età ‘di nove anni fu trasferito in un altro collegio di Stato: a Verkh-Irmen, che sorge sul fiume Irmen a 65 Km da Novosibirsk. Il collegio, dopo un po’, fu chiuso perché i ragazzi indisciplinati e violenti, terrorizzavano la popolazione: Sergei è destinato al collegio di Barysevo dove imparò a lottare per sopravvivere, divenne forte e rivelò straordinarie capacità di leader: in pochi anni conquistò il titolo di «re di Barysevo», perché tutti i ragazzi lo temevano e si piegavano ai suoi ordini. Per la prima volta sente il nome di Dio a Barysevo e scoprì anche che i suoi educatori ogni mattina, iniziavano la lezione così: «Buongiorno, ragazzi! Ricordatevi che non esiste Dio». Sergei venne a sapere che non tutti i ragazzi ospiti del collegio erano orfani: circa 1/3 di loro era stato sottratto a genitori ancora viventi ed era stato inviato forzatamente a Barysevo. Perché? Sergei nel suo diario racconta: «Quanto venni a sapere, mi sbalordì. Alcuni si trovavano lì perché le loro madri erano prostitute o i loro padri erano alcolizzati oppure perché i loro genitori credevano in Dio. Tali genitori erano stati dichiarati “incapaci” dallo Stato e privati della patria potestà.

    I loro figli erano stati inviati a Barysevo. Uno di quelli i cui genitori erano credenti era un ragazzo di 13 anni. “Era diverso dagli altri ragazzi…piccolo per la sua età, sveglio, intelligente e intento a studiare. Compiva i suoi doveri senza lamentarsi, ma se ne stava per conto suo. Tutte le volte che conversava, parlava di Dio. Quando mi parlarono di lui, ne rimasi affascinato. Nessuno prima di allora mi aveva parlato di Dio nei altri collegi in cui ero stato. Un giorno qualcuno disegnò su una parete la caricatura del piccolo credente come un prete, con un’aureola in testa e una folta barba. Un altro ci scrisse sotto con la matita: ‘il Diacono”. Il nomignolo era indovinato e da allora fu sempre chiamato con quel nome». “Diacono — gli gridai un giorno — sento dire che vai parlando di Dio. E vero?”. “Sì, è vero”, balbettò. «Ero molto incuriosito. Non avevo mai visto da vicino un credente”. Nel 1966, quando non aveva ancora 15 anni Sergei è nominato capo della lega giovanile comunista della scuola: incarico importante. L’anno dopo consegue il diploma e ha la soddisfazione di vedere riconosciuta l’organizzazione giovanile comunista di Barysevo come migliore del distretto di Novosibirsk, successo che gli apre la strada per l’accademia navale di Leningrado. Sergej è felice e ha il cuore pieno di progetti e di ambizioni. A Mosca, davanti alla tomba di Lenin prega così: “Padre Lenin, aiutami nella mia vita. Indicami la direzione giusta e guidami. Aiutami a capire e a seguire i tuoi insegnamenti. Rimuovi gli ostacoli e i pericoli dalla mia strada e dalla mia vita. Proteggimi, guidami e aiutami padre Lenin”. Nel luglio del 1968 dopo appena un anno nell’accademia navale di Leningrado, Sergei è destinato a completare gli studi nell’Accademia navale di Petropavlovsk, nella Kamchatka, il che rappresentava un grosso passo in avanti. Nel maggio 1969 è contattato da Ivan Azarov, maggiore del Kgb della Kamchatka, e gli è offerto l’incarico di capo di un gruppo della polizia segreta di Petropavlovsk. Ivan Azarov, noto e temuto maggiore del Kgb disse loro: «In URSS ci sono varie specie di criminali. Sono nemici dello Stato gli assassini, gli ubriaconi e le prostitute. Ma questi contano poco. Esistono criminali molto più pericolosi per la sicurezza del nostro paese e il nostro sistema di vita…perché lavorano pacificamente in mezzo a noi, minando le fondamenta del nostro sistema e l’esistenza del nostro paese. Questa gente esternamente sembra innocua. Ma non fatevi ingannare. Costoro sono i religiozniki, i credenti nella religione…Sono ancora più pericolosi perché non sembrano pericolosi. Gli assassini e i ladri sono visibili.

    Questa gente è menzognera, astuta e furba. Prima che voi ve ne accorgiate, hanno già minato le cose per le quali abbiamo lavorato con tanta fatica, hanno avvelenato il popolo e fatto i loro danni…Possiamo distruggere la religione e chiudere le chiese. Qui in Kamchatka ci sono forse chiese? Non le permettiamo. Non c’è luogo religioso in tutta la Kamchatka. La chiesa non è un pericolo. La religione non è un pericolo. Sono i credenti che bisogna temere…Una volta il compagno Lenin disse che si possono facilmente chiudere le chiese e mettere in prigione i capi, ma che è molto difficile sradicare la fede dal cuore dell’uomo una volta che ne sia stato contaminato. Questo, compagno Kourdakov, è il motivo per cui il nostro nemico sono i credenti, e non la religione. Questo è il motivo per cui non li chiamiamo cristiani o persone che vanno in chiesa. Li chiamiamo credenti. Credono dentro di sé, e sradicare la fede dai loro cuori è un compito veramente difficile”. Durante una delle missioni-incursioni punitive contro i credenti nell’agosto 1969 era stata segnalata una riunione di credenti con il battesimo di alcuni di loro. Era giunto il momento dell’azione per Sergej e i suoi giovani: fu un battesimo di sangue per i poveri credenti. Il pastore Vasij venne ucciso a manganellate e le donne vennero trascinate dalla polizia. 1970: a Sergej viene comunicato che un gruppo di credenti si sarebbe riunito in una casa. Lui irrompe e scatena la violenza. Uno del suo gruppo, Viktor nota una bella ragazza che cerca rifugio in un’altra stanza e la colpisce violentemente. Sergej colpito dalla bellezza della ragazza le chiede come si chiama: Natascia Zdanova. Qualche giorno dopo il gruppo di Sergej irrompe in una seconda casa e Natascia era ancora lì: “Perché non dovrei credere…?” rispose quando Sergej la rimproverò e la convocò nella stazione di polizia. Che non ci fosse niente da fare lo confermò il terzo incontro con Natascia in una terza incursione contro i credenti: lei era ancora lì. Uno del gruppo di Sergej cercò di colpire Natasha, ma ecco che Viktor si frappose fra lei e l’altro difendendola: “Lei ha qualcosa che noi non abbiamo”. «Fu una delle poche volte nella mia vita in cui fui profondamente toccato. Natascia aveva qualcosa! Era stata picchiata selvaggiamente. Era stata ammonita e intimidita. Era passata attraverso sofferenze indicibili, ma era nuovamente lì. Persino Victor era stato colpito e aveva riconosciuto questo. Ella aveva qualcosa che noi non avevamo. Avrei voluto correrle dietro e domandarle: “Che cosa hai tu che noi non abbiamo?”. Per la prima volta mi resi conto che i credenti non dovevano essere quei pazzi e nemici che avevo creduto.

    Natascia aveva scosso tutte le mie idee sui credenti”. Durante un lavoro di sistemazione e di pulizia dei locali destinati ai carcerati, Sergei trova alcune pagine del vangelo…Preso dalla curiosità di sapere che cosa ci trovavano Natascia e gli altri, prese un opuscolo e incominciò a leggere. Conteneva il capitolo XI del Vangelo di Luca scritto a mano: Gesù stava parlando e insegnando a qualcuno a pregare. Incuriosito continuò a leggere. Non era materiale sovversivo: insegnava come diventare migliori e a perdonare chi fa un torto. Quelle parole uscirono dalle pagine ed entrarono nel suo cuore”. Nell’ottobre 1970 nel corso di una spedizione punitiva una donna anziana gridò a lui che voleva colpirla con un manganello: “O Dio, perdona questo giovane. Mostragli la giusta via. Aprigli gli occhi e aiutalo. Perdonagli o Dio”. “E in quel momento mi accadde una cosa strana: qualcuno mi afferrò il polso e lo tirò indietro. Mi spaventai. Sentii un dolore: era una pressione reale sul mio polso, tale da farmi male. Pensai che fosse uno dei credenti. Ma non c’era nessuno! Rimasi fermo sotto choc e sulle mie guance cominciarono a scendere le lacrime. Era la prima volta da quando era morto mio padre”. Sergei chiede allora di essere sospeso dal lavoro nella polizia segreta: viene consegnato all’accademia navale. Nel marzo 1971 passa di nave in nave finché decide la fuga dalla nave spia nella notte tra il 3 e il 4 settembre: la nave si trovava a pochissimi chilometri di distanza dal Canada e la fuga riesce. La stampa lo fa conoscere alla gente e molti si offrono di aiutarlo. «Il mio primo compito era trovare Dio. Mi sembrava di essere come un uomo che cerca il pane e non riesce a trovarlo.

    In una bella chiesa cattolica al centro di Quebec, sperimentai di essere vicino a Dio, ma desideravo essergli ancora più vicino. Ebbi un sentimento di bellezza, di pace, di un peso che veniva sollevato. Desideravo provare maggiormente quel sentimento lo desideravo moltissimo. Dopo tre ore di preghiera, sentivo di essere stato aiutato, ma il mio cuore cercava ancora qualcosa di più, qualcosa che i fedeli delle chiese clandestine possedevano. Desideravo avere ciò che Natascia aveva». Ma un giorno, mentre Sergei usciva dalla stazione della metropolitana a Toronto, fu raggiunto da tre uomini robusti. Uno di loro in russo gli disse: «Kourdakov, per il tuo bene è meglio che tenga la bocca chiusa. Ricordatelo: sei stato avvertito!». Ma Kourdakov aveva incontrato Gesù e continuò a parlare di lui! Il 10 gennaio 1973 Sergej fu trovato assassinato nella sua stanza, come avevano preavvisato i tre. Ma Sergej aveva incontrato quel Gesù che nel Vangelo di Luca aveva detto: «A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono più fare nulla». Erano le parole del cap. 12 di Luca che aveva letto in quei fogli che provocarono la sua conversione. Nel suo diario l’ultima parola scritta era: “Perdonami Natasha!”. 

     

     

     

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