Venerdì 9 febbraio 2024

     

    V Settimana Tempo ordinario

     

    Avvenne il 9 febbraio…

    1619 – Giulio Cesare Vanini, filosofo, è arso vivo a Tolosa poiché colpevole di ateismo

    1849 – Dopo la fuga di Papa Pio IX da Roma, viene proclamata la Repubblica Romana

    1900 – Nasce il trofeo di tennis noto come Coppa Davis

    1965 – Guerra del Vietnam: le prime truppe USA vengono inviate nel Vietnam del Sud

    1994 – Viene annunciato il piano di pace per la Bosnia ed Erzegovina

     

    Aforisma di M. Teresa di Calcutta

    Ciascun uomo ha pienezza di bene come pienezza di male in sé.

     

    Preghiera

    Onnipotente e sempiterno Dio che nella confessione della vera fede hai concesso ai tuoi servi di conoscere la gloria della Trinità eterna e di adorare l’Unità nella potenza della maestà: ti preghiamo che per la fortezza della nostra fede, ci sentiamo sempre liberi da ogni avversità. Per Cristo nostro Signore. Amen

     

    Santo del giorno

    La sua morte è narrata nella “Historia ecclesiastica” di Eusebio di Cesarea, che riporta una lettera di san Dionigi di Alessandria, testimone dei fatti inerenti la cattura e l’uccisione di Apollonia. Ad Alessandria nell’anno 248 scoppiò una persecuzione popolare contro i cristiani: in uno degli attacchi venne presa anche Apollonia, anziana vergine, impegnata nell’opera di diffusione del Vangelo nella sua città.

    Le strapparono i denti e accesero un fuoco minacciandola di gettarla tra le fiamme se non avesse rinnegato la fede cristiana, ma Apollonia preferì gettarsi da sola nel rogo e morire. Era l’anno 249. La sua festa sin dall’antichità si celebra il 9 febbraio; santa Apollonia, vergine e martire di Alessandria d’Egitto è invocata in tutti i malanni e dolori dei denti; il suo attributo nell’iconografia è una tenaglia che tiene stretto un dente.

     

    Parola di Dio Marco 7,31-37

    In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!».

    E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

     

    Riflessione detti e fatti dei padri del nuovo deserto

    Al monaco Lino si era piantata nella mente la domanda rivolta da Gesù a Pietro nel Getsemani: «Non sei riuscito a vegliare una sola ora?» (Mc 14,37). E diceva tra sé: “Dovrei rispondere anch’io a questa domanda. Come posso fare? Dove andare?”. E rimuginava questo pensiero. Iniziò a pregare: “Dimmi, Gesù, come devo fare”. Mentre zappava nel suo orto, ecco dal di dentro una domanda: “Lino, hai mai visto la lucetta accesa in chiesa?”. 

    Ricordò che in chiesa, c’è il Pane di cui Gesù ha detto «Questo è il mio Corpo». Così lasciò la zappa e si recò in chiesa e sedette nel banco. Disse tra sé: “Vegliare una sola ora, ha detto Gesù a Pietro. Ebbene veglierò davanti al Corpo di Gesù per un’ora”. Dopo sei minuti di silenzio impressionante, ecco che gli risuona dentro un’altra voce: “Che fai qui mentre tutti lavorano? Non senti il rumore del contadino e quello del fabbro e quello dello stradino? E tu perdi tempo?”. 

    I rumori gli parevano assordanti come non mai; non li aveva mai uditi così distinti. “Io sono qui a vegliare”, rispose Lino. Ma che fatica continuare, quanti pensieri e sollecitazioni a tornare al lavoro! E non mancava qualche colpo di sonno. Fissò la fioca luce, abituata a vegliare giorno e notte. Fissò il grande crocifisso sopra l’altare: “Sono qui per te Gesù. Vorrei vegliare, ma non so come fare”. Nessuna voce gli rispose, così guardò l’orologio: mancava un minuto alla fine dell’ora.

    Finalmente disse: “Gesù, ho vegliato con te un’ora”. Nessuna gioia particolare, ma uscendo di chiesa Lino si sentiva leggero come un fringuello, forte come un leone, alto come l’aquila, mite come il bue del presepio, contento come un angelo, deciso come non mai in vita sua e pronto a vincere ancora una volta sé stesso. 

     

    Intenzione di preghiera

    Perché impariamo a stare con Gesù, a vegliare con lui, a pregare senza perderci d’animo e senza scoraggiarci di fronte alle distrazioni.

     

    Don’t Forget! Santi della Carità

    BEATO LEOPOLDO DA ALPANDEIRE MARQUEZ SANCHEZ CAPPUCCINO

    1867 – 1956

    Quest’uomo ci fa capire come non serva essere ricchi, nobili, colti, aver compiuto grandi opere o andare missionari in terre lontane per diventare santi. Fra Leopoldo da Alpandeire è stato proclamato beato per i suoi umili gesti quotidiani e senza mai lasciare i confini della sua patria. Con il cuore di bambino, ha sempre aiutato il prossimo. Francisco Tomás nacque nel 1864 ad Alpandeire (Spagna) da famiglia di modesti contadini, buoni cristiani.

    Non andò a scuola, ma era lavoratore instancabile; ogni mattina si recava a Messa, poi pascolava le pecore e coltivava l’orto. Era simpatico, allegro e generoso. Condivideva la merenda con i bambini poveri e non esitava a donare le sue scarpe a chi ne era privo. Francisco Tomás provava pena per loro e soffriva nel vedere mani tese, imploranti, di gente tutt’ossa perché non pranzava né cenava ed era vestita di stracci, senza poter fare qualcosa per aiutarli.

    Un giorno, ascoltando due frati predicare il Vangelo, Francisco capì quale doveva essere il compito della sua vita. A 35 anni divenne frate cappuccino con il nuovo nome di Leopoldo. Dopo essere stato nei conventi di Siviglia e Antequera, svolgendo le mansioni più umili, nel 1903 si fermò a Granada e lavorò come ortolano. Suo compito era anche chiedere l’elemosina casa per casa a Granada e nei paesi vicini, per il convento e i bisognosi.

    Camminava scalzo su strade polverose, sentieri di montagna, colline tortuose, con la bisaccia in spalla dove metteva ciò che gli veniva donato: pane, frutta, verdura, denaro. Ringraziava il donatore, recitando per lui tre Ave Maria. Fra Leopoldo, ogni giorno, incontrava tante persone, cercava di convertire i peccatori, insegnava il catechismo ai bambini, parlava del Vangelo e di Gesù, rimproverava i bestemmiatori.

    Il frate dalla barba lunga e bianca, dallo sguardo penetrante che infondeva pace e serenità e con il Rosario in mano, spesso veniva chiamato a casa dalla gente che gli chiedeva una guarigione: lui recitava tre Ave Maria e le malattie sparivano. Morì nel 1956 a 92 anni, facendo sprofondare la città di Granada nel dolore. Sepolto nella cripta del Convento di Granada, la sua tomba continua a essere meta di migliaia di pellegrini che vanno per chiedere una grazia.

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