giovedì 23 agosto ’18

    XX Settimana del tempo ordinario

    Proverbio del giorno

    «Se vuoi che ti sia resa giustizia, sii giusto (Iran)»

    Iniziamo la Giornata pregando (S. Geltrude di Helfta)

    Luce vespertina dell’anima mia, Mattino fulgente del più dolce chiarore, diventa giorno in me. Amore che rischiari e divinizzi, vieni a me con la tua potenza, vieni e sciogli tutto il mio essere. Distrutta in ciò che sono io, fa che io sia tutta in te e più non viva nel tempo, ma ti sia unita per l’eternità.

    Rosa de Lima. Nacque a Lima nel 1586, decima di tredici figli, figlia di nobile famiglia di origine spagnola. Quando questa subì un tracollo finanziario, Rosa si rimboccò le maniche e aiutò in casa. Sin da piccola aspirò a consacrarsi a Dio, ma rimase «vergine nel mondo» e vestì l’abito del Terz’ordine domenicano, a 20 anni. Allestì nella casa materna un ricovero per bisognosi, dove prestava assistenza a bimbi e anziani abbandonati. Dal 1609 si richiuse in una cella di 2 metri2 dalla quale usciva solo per le funzioni. Morì, straziata dalle privazioni, il 24-8-1617. E’ la prima santa del continente Americano.

    Ascoltiamo la Parola di Dio

    Gesù riprese a parlare in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». 

    BREVE COMMENTO AL VANGELO

    Alle nozze divine che il Padre ha preparato per te, Gesù, i tuoi servi hanno invitato anche me, perché mi rallegri ora nel mistero del tuo altare e un giorno nella città celeste nella gioia eterna, inesprimibile e immutabile. Ma poiché non ho l’abito splendido, degno della sala delle nozze, dato che ho sporcato quello del battesimo coi peccati della mia anima, Signore infinito, rivestimi di te e restituisci al mio abito macchiato lo splendore di una volta. (S. Nerses Snorhali (1102-1173), patriarca armeno)

    Riflessione Per Il Giorno

    (Gli incontri di Aleksandr Solženicyn nell’Arcipelago Gulag)

    «Hai risposto a qualcuno in tono irato? Vuol dire che non lo hai ascoltato bene e non hai saputo capire il suo modo di vedere. Hai evitato qualcuno perché ti faceva ribrezzo? Così ti è sfuggita la possibilità di conoscere un carattere che non conoscevi affatto, proprio quello di cui avrai bisogno… È l’ascesa. Prima non perdonavi nulla a nessuno, implacabilmente condannavi e osannavi con pari irruenza; ora una serena tolleranza pronta a perdonare tutto, sta alla base dei tuoi giudizi, non più categorici. Ora che hai capito la tua debolezza, puoi capire la debolezza altrui, così come puoi capire la forza altrui. Forse non impari ad amare il prossimo da cristiano, ma impari ad amare chi ti sta vicino. I vicini in spirito, coloro che ti circondano in prigionia. Quanti di noi hanno dovuto ammettere che in carcere hanno conosciuto per la prima volta un’autentica amicizia! Sulla mia schiena curva portai fuori dagli anni di prigione l’esperienza di come l’uomo diventa malvagio e come diventa buono…A poco a poco mi si rivelò che la linea di demarcazione fra bene e male passa non fra gli Stati, non fra le classi, non fra i partiti, ma attraverso il cuore umano e attraverso tutti i cuori umani. Capivo di essere partecipe di un grande mistero; nascosto in altri petti solitari, il mistero maturava sulle isole sparse dell’Arcipelago per rivelarsi negli anni futuri».

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per le vittime del crollo di Genova e dell’inondazione in Basilicata.

    …don’t Forget!

    RIFLESSIONE DEL GIORNO

     

    GENOVA: IL “QUASI” CHE FA LA DIFFERENZA (don Davide Rota)

    Il crollo del viadotto Morandi a Genova alla vigilia di ferragosto ha provocato oltre alle 43 vite umane spezzate, al dolore delle loro famiglie e quello delle altre destinate a sgomberare, alle prospettive incerte per il futuro non solo viabilistico, ma anche economico della città e della regione, pure la polemica montante sulle cause e responsabilità dell’immane tragedia. Era inevitabile che sui detriti del crollo si accumulassero i detriti dei commenti, sospetti, supposizioni, accuse, attacchi, lamentele, decisioni improrogabili e chi più ne ha più ne metta. Han parlato in troppi, anche chi avrebbe fatto meglio a tacere e come succede in questi casi, sono stati decisi provvedimenti, puntualmente smentiti il giorno dopo. Che fosse inevitabile lo si è già detto, ma ciò non significa che fosse opportuno: gli sciacalli non sono solo quelli che si introducono nelle case vuote per fare razzia e si dovrebbe sempre ricordare la terribile ammonizione di Gesù nel Vangelo: “là dove sarà il cadavere, si riuniranno gli avvoltoi” (Mt 24,28). Con queste poche righe non vogliamo unirci al coro delle accuse, dei “l’avevo detto”, né tanto meno fare proclami o speculare sull’accaduto…Con la calma e la prudenza di rigore in eventi così spaventosi, offriamo solo alcuni spunti di riflessione che ruotano attorno a una parola che esprime modi di fare e pensare non esclusivi, ma certo caratteristici del nostro paese: il “quasi”. Questa parola esprime la distanza imponderabile e a volte impercettibile che c’è tra il fare le cose e il farle bene. Si è detto che il viadotto era l’opera più monitorata d’Italia e si è intervenuti a più riprese per consolidarlo; che non si è lasciato nulla di intentato per metterlo in sicurezza; che gli allarmi di alcuni tecnici ed esperti erano esagerati. Ma solo a viadotto crollato ci si è accorti che era la sola struttura di collegamento fra l’est e l’ovest della città e della regione; che doveva sopportare un traffico triplo rispetto a quello per cui era stato progettato; che cinquant’anni fa non si potevano certo immaginare carichi di 108 tonnellate cioè tripli rispetto al normale; che anche il cemento armato e i cavi di acciaio, come tutto del resto, subiscono usura e logoramento; che non era prudente costruire sotto il viadotto grandi condomini…a conferma di quel che recita la sapienza antica “del senno di poi sono piene le fosse”. Accusare la società autostrade e i precedenti amministratori forse è inevitabile, atto dovuto come si dice in burocratese: ciò non toglie che prima di parlare, sarebbe meglio attendere gli esiti delle indagini e i pronunciamenti della giustizia. Ma il giochetto del colpevole su cui scaricare le responsabilità, tutte, anche le nostre è troppo facile, comodo soprattutto. Torniamo al quasi: certe catastrofi come quelle di Genova (o quella dei dieci morti nel torrente del sud-Italia) certamente non sono volute, né programmate: capitano d’improvviso, ma dopo essersi a lungo annidate nelle fessure e insinuate fra le pieghe delle opere più o meno grandi, dopo averne intaccato i punti deboli e aver rovinato il dentro lasciando intatto il fuori. Certe catastrofi crescono pian piano fino a esplodere, grazie alle pretese di un’opinione pubblica sempre più esigente e sempre meno disponibile a pagare il prezzo delle cose utili e ben fatte. Certe catastrofi succedono forse anche perché chi doveva decidere non l’ha fatto o più semplicemente ha rinunciato perché questo è il paese del no a tutto e a prescindere. Certe catastrofi avvengono perché anche in Italia si deve fare manutenzione, ma a condizione che il traffico non sia interrotto e le comodità individuali siano assolutamente garantite. Ecco: poco a poco stiamo capendo cosa sia il “quasi” che come tarlo ha corroso le colonne della casa fino a provocarne il crollo. Esso è la perdita del senso del bene comune per cui si è disposti a sacrificare qualcosa di nostro se questo permette di star meglio tutti. O del senso di responsabilità di chi le cose degli altri e soprattutto quelle di tutti (come un viadotto) le fa e le cura più e meglio delle proprie, anche a costo di rimetterci. E’ la lenta scomparsa dell’onestà di chi fa le cose bene a prescindere e non in base al guadagno. E’ infine il fatto che le due finalità principali per cui un tempo si facevano le grandi opere cioè la gloria di Dio e il bene del prossimo, oggi sono diventate irrilevanti dimenticando che sono state loro a far sì che le cattedrali gotiche siano ancora in piedi dopo tanti secoli.

    nell’immagine  un dipinto di Diego Velázquez 

     

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