Martedì 7 maggio 2024

     

    6.a settimana di pasqua

     

    Avvenne il 7 maggio…

    558 – A Costantinopoli crolla la cupola di S. Sofia. Giustiniano I ne ordina la ricostruzione.

    1809 – Napoleone Bonaparte annette lo Stato Pontificio.

    1898 – Milano, il gen. Bava Beccaris ordina all’esercito di sparare sulla folla che manifesta contro l’aumento del prezzo del pane: decine (o centinaia) di morti

     1942 – Poiché le leggi razziali ne impedivano il servizio militare, in Italia tutti gli ebrei fra i 18 e i 55 anni sono precettati per il servizio civile.

    1978 – L’alpinista Reinhold Messner raggiunge, senza l’ausilio dell’ossigeno, la vetta dell’Everest.

     

    Aforisma di Nicolas Gomez Davila

    Quanto più gravi sono i problemi, tanto maggiore è il numero di inetti che la democrazia chiama a risolverli.

     

    Preghiera salmo 137

    Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome. Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza. La tua destra mi salva. Il Signore farà tutto per me. Signore, il tuo amore è per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani.

     

    Santo del giorno

    Rosa Venerini nacque a Viterbo nel 1656. Il padre era medico, la madre di famiglia benestante. Da giovane né il matrimonio, né la vita religiosa sembravano adatte a lei: con il consiglio del direttore spirituale, aprì nel 1685 a Viterbo una scuola pubblica per istruire le giovani e trasmettere loro le verità di fede.

    Seguirono nel giro di pochi anni una decina di scuole nelle diocesi vicine. Molte le resistenze nei confronti di Rosa e compagne che coabitavano in piccoli nuclei di due o tre maestre e parevano sospese tra vita religiosa e laicale.

    Rosa vicina alla spiritualità dei gesuiti, proseguì perché si sentiva così «inchiodata alla volontà di Dio che non mi importa né morte né vita». Dopo aver operato nel nord del Lazio, la Venerini riuscì a impiantare il suo istituto anche a Roma dove morì nel 1728 e fu sepolta nella Chiesa del Gesù.

     

    Parola di Dio del giorno Giovanni 16,5-11

    Disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.

    E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

     

    Riflessione di don Arturo Bellini

    I santi hanno un proprio modo di vedersi in relazione a Dio. S. LUIGI GUANELLA che visse e si sacrificò per la carità, si ritrova nell’espressione “facchino” o “straccio” della Provvidenza. «Noi, o cari miei figli, dobbiamo essere grandi lavoratori: i lavoratori dell’umiltà, della fede, della carità. Grandi lavoratori delle anime. Grandi lavoratori della Chiesa di Gesù Cristo nostro Dio e Salvatore. Ma che dico lavoratori? è troppo poco! Dobbiamo essere i facchini di Dio. Chi non vuole essere facchino della Provvidenza di Dio è un disertore della nostra bandiera!».

    DON BEPO privilegia l’immagine del balocco, cioè del giocattolo. È nella scia di Santa Teresina che racconta di essersi offerta a Gesù Bambino per essere il suo piccolo giocattolo. “Gli avevo detto di non servirsi di me come un giocattolo di pregio che i bambini si accontentano di guardare senza osare toccare, ma come di una piccola palla di nessun valore che poteva gettare a terra, spingere con il piede, bucare, lasciare in un cantuccio, Oppure stringere al cuore, se questo gli faceva piacere, In una parola volevo divertire il piccolo Gesù”. DON GIOVANNI BERTOCCHI evocando l’infanzia quando si divertiva con una palla di pezza, si rivolge al Signore così: “Ho bisogno di Te, Signore. Ho bisogno della tua Chiesa per essere in essa ciò che Tu mi chiami a essere. Fa di me la tua nuova palla di pezza!”.  

    S. LUIGI MARIA PALAZZOLO si sentiva umile strumento nelle mani di Dio: «Lo straccio che si adopera nel lavandino non si offende né si meraviglia d’essere dimenticato in un cantuccio del lavandino stesso e talvolta calpestato e confuso con le immondizie. La penna non può gloriarsi d’aver scritto una bell’opera, l’asino non può gloriarsi d’essere caricato d’oro». MADRE TERESA DI CALCUTTA si sentiva piccola matita nelle mani di Dio, niente altro: “È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita deve solo poter essere usata”.

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo perché i colloqui per una tregua umanitaria in Terra Santa e striscia di Gaza producano qualche risultato.

     

    Don’t Forget! Figure significative del clero BG

    Padre Gianni Manzi

    Almenno S. Salvatore 1926 Khartoum (Sudan) 2004

    Giovanni Manzi era nato il 24-6-1926 ad Almenno S. Salvatore, secondo di 9 figli. Giovanissimo, chiese di entrare in seminario per diventare prete. Un giorno il futuro vescovo comboniano, Mons. Giovan Battista Cesana, parlò ai seminaristi dell’Africa e delle missioni e disse a Giovanni: “Tu verrai con me in Africa”. Quelle parole si impressero nel suo cuore. A fine liceo, Giovanni chiese ai superiori di entrare tra i Comboniani, ma non venne accettato per ragioni di salute.

    Terminato il secondo anno di teologia fece ancora richiesta e stavolta venne accettato. Ordinato prete nel 1950, insegnò per nove anni in Italia. P. Giovanni era molto esigente con gli studenti e sarà la sua “intransigenza”, che poi si dilatava anche nell’ambito della comunità, a causargli tante sofferenze. Per essere meglio preparato nell’insegnamento, si era iscritto all’Università statale di Milano e in seguito all’Università di Padova, dove conseguì la laurea in chimica e scienze naturali. Nel 1959 P. Giovanni fu mandato in Spagna a imparare lo spagnolo e insegnare nello scolasticato comboniano di Corella. Nel 1963 lo troviamo in Messico dove rimase 16 anni e insegnò nel liceo comboniano di Guadalajara. Nel 1979 fu destinato a Khartoum, alla comunità del Comboni College a insegnare chimica. Qui rimase fino alla morte.

    P. Luigi Cignolini, provinciale di Khartoum, riferisce: “La cosa particolare è che dopo le vacanze quest’anno (2003) P. Giovanni era molto cambiato. Era diventato più calmo, partecipava di più alla vita di comunità e anche ai nostri incontri e a qualche festa della casa o del Comboni College. Martedì, 25-5-2004, un infarto se l’è portato via nel sonno. Alla mattina, non vedendolo per la Messa, P. Luigi Denicolò, ha bussato alla stanza e non sentendo risposta, è entrato. P. Giovanni sembrava dormire, invece era già morto. I funerali sono stati solenni con la partecipazione di Mons. Daniele, vescovo ausiliare di Khartoum. P. Giovanni è stato sepolto la stessa sera del giorno della morte”.

    Fra i tanti ricordi che ho di P. Gianni, uno si è impresso indelebilmente nella memoria ed è legato alla sua missione in Sudan, a Khartoum dove era rimasto dal 1979 fino alla morte sopravvenuta nel 2004. Allora il paese africano non era ancora diviso in due (lo sarà solo a partire dal 2011 dopo una lunga guerra civile) e da quel che potevo capire dai racconti di P. Gianni, il governo islamico sudanese non solo aveva imposto la “sharia”, ma aveva trasformato il Sudan in ricettacolo di gruppi terroristi di stampo fondamentalista (Osama bin Laden vi risiedette per qualche tempo).

    Sebbene il controllo esercitato dalle autorità nei confronti della minoranza cristiana fosse asfissiante e violento, P. Manzi dava l’impressione di non lasciarsi intimorire e raccontava di come con un gruppo di cristiani avesse tirato su alla periferia della capitale una povera cappella di lamiera e compensato dove con la comunità si ritrovava la domenica per celebrare l’eucaristia. Periodicamente arrivavano i militari inviati dal governo che, senza troppi riguardi, “sbaraccavano” tutto e tutti e ingiungevano a Padre Gianni di allontanarsi dalla città cioè di addentrarsi nel deserto. Sebbene infatti Khartoum, la capitale del Sudan sorga alla confluenza del Nilo Bianco col Nilo Azzurro, appena ci si allontana dai corsi d’acqua inizia il Sahara che assedia la città da ogni lato. Don Gianni raccontava come a ogni ostinato sopruso dei militari corrispondesse la tenace volontà di risorgere e ricominciare da parte sua e dei suoi cristiani: così a forza di abbattimenti e ricostruzioni, di cadute e risurrezioni, la chiesa e la comunità si erano ormai addentrate per Km nel deserto.

    A ogni prepotenza delle autorità, i cristiani rispondevano raccogliendo legni e lamiere e ricominciando a praticare e a testimoniare la loro fede un po’ più in là, senza cedere e venire meno, guidate da un fiero sacerdote che non si lasciava intimorire e non si limitava a reclamare il diritto suo e della sua gente a lodare Dio, ma se lo riprendeva ogni volta che qualcuno tentava di negarglielo. In quell’incredibile vicenda di persecuzione si nascondeva una grazia divina di predilezione e una chiamata misteriosa e grande di cui quella comunità e il suo pastore erano insieme destinatari, custodi e interpreti. E insieme una capacità di resistenza da parte loro che li rendeva più forti dei loro avversari…”. (don Davide Rota)

     

     

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