giovedì 11 marzo ’21

     

     

     

    nell’immagine un dipinto di  Louise Adéone Drölling

     

    III.a Settimana di Quaresima

     

    Proverbio del giorno

    Ciò che si è appeso in piedi, non lo si può prendere stando seduti.

     

     

    Preghiera del giorno – Roberto Oliva

    O Signore troppe sono le proposte, troppe le distrazioni, su cosa devo costruire la mia vita? O Signore cerco certezze e felicità, chi mi sazierà per sempre? O Signore troppi sono i deserti nei quali mi perdo, chi annaffierà la mia anima? O Signore mi circonda troppa superficialità e tristezza, esiste la Roccia che rende eterna la mia vita? O Signore trasforma i miei deserti in prati fioriti, desidero essere radice che affonda lungo i fiumi. O Signore sii Tu la mia Roccia, che nemmeno la morte distrugge! Voglio fare della mia vita una casa forte, per questo punto tutto su di te! O Signore siamo deserti inquieti, siamo pula al vento, finché non ci immergiamo nel balsamo del Tuo Amore. Amen

     

     

    BEATO CIPRIANO (DEDË) NIKA SACERDOTE FRANCESCANO, MARTIRE

    P. Cyprian fu padre provinciale della provincia d’Albania e padre guardiano del convento di Scutari. Arrestato dalla polizia segreta comunista col pretesto di aver collaborato all’occultamento di un deposito di armi dietro l’altare di una chiesa, venne a lungo torturato, anche se cercava di condurre i suoi persecutori a credere in Dio. Venne fucilato a Scutari l’11 marzo 1948, insieme al confratello Mati Prennushi e al vescovo Frano Gjini. Compresi tutti e tre nell’elenco dei 38 martiri albanesi, di cui fanno parte altri cinque frati e un vescovo francescani, è stato beatificato il 5 novembre 2016 a Scutari.

     

    La parola di Dio del giorno – Lc 11,14-23

    Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in sé stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in sé stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

     

     

    Riflessione del giorno – Mons Ravasi: Mattutino

    Quello che mi fa capire se uno è passato attraverso il fuoco dell’amore divino non è il suo modo di parlare di Dio; è il suo modo di parlare delle cose terrene.

    Parliamo di Dio, della sua conoscenza e dell’adesione a lui con le parole di una pensatrice vicina al nostro tempo, dotata di originalità sia a livello teorico sia nella sua esperienza umana di donna, di ebrea, di affascinata dal mistero di Dio e dalla figura di Cristo. È Simone Weil (1909-1943) che ci offre una sorta di cartina di tornasole del vero credente. Lo è solo colui che, pur essendo attratto dal gorgo di luce e dal fuoco d’amore di Dio, non si isola in un limbo dorato, ignorando il mondo e il prossimo. Attraverso quel transito nell’orizzonte divino non si accontenta di dire Dio in modo giusto e bello, ma lo irradia nelle realtà terrene che acquistano un valore e un rilievo nuovo e sorprendente. Bisogna, quindi, diffidare da chi sa solo parlare in modo raffinato e accurato di Dio, di chi si astrae in un cielo intatto e intangibile. La vera esperienza del «fuoco dell’amore divino» ti lega, invece, alle cose, ti inserisce nella storia, ti accosta agli altri; e tutte queste realtà sono come trasfigurate, acquistano un aspetto inedito; le azioni, anche le più semplici, e le parole, anche le più scontate, ottengono una qualità nuova e appassionata. Questo è l’autentico effetto del vero incontro con Dio.

     

    Intenzione di preghiera del giorno

    Preghiamo per chi non ha la forza di liberarsi dal male e per chi, volontariamente agisce contro Dio

     

    Don’t forget!  Storia delle persecuzioni anticristiane

    Per 10 anni dopo la morte (anno 632) di Maometto, le comunità cristiane dell’Arabia continuarono a svolgere il loro culto e a tenere le loro chiese secondo il patto con il profeta con documento firmato che i Vescovi cristiani conservavano per esibirlo in caso di necessità. Libertà limitata dato che i cristiani erano tollerati a condizione che pagassero le due tasse e assolvessero tutta una serie di altri obblighi.

     

    DAI PROTOMARTIRI DI NAJRAN ALL’EPOCA OMAYYADE 642-670

    Sinistra: moschea degli Omayyadi a Damasco

     

    Destra: un califfo degli Omayyadi

    Il successore di Maometto e suo suocero, il primo califfo Abu Bakr continuò la politica di tolleranza nei due anni della reggenza (632-634) e alla sua morte lo stesso fece anche il 2° Califfo ʿUmar ibn al-Khattāb, detto Omar (634-644) il quale però nel 642 decise che nella penisola arabica non potevano coesistere due religioni diverse né due diverse “qibla” (=direzioni di preghiera; islamici verso la Mecca e cristiani verso Gerusalemme). L’emissario di Omar nell’anno 642 comunicò la notizia ai notabili cristiani di Najran città al sud della Mecca presso le rive del Mar Rosso. A nulla valsero rimostranze e proteste: il decreto di espulsione era irrevocabile, a meno che i cristiani accettassero di convertirsi all’Islam. Gli espulsi si trasferirono al nord (attuale Iraq) nella città di Kufa sulle rive dell’Eufrate e per 150 anni fino al 786 a ogni nuovo Califfo presenteranno l’istanza –sempre respinta- di poter tornare a casa loro. Un secolo dopo il califfo in carica diede ordine di censire gli esuli residui e trovò che si erano ridotti a un decimo degli originari. Nel 638 sempre durante il califfato di Omar, in Palestina il comandante musulmano Ambrus (Amru-bin al-‘As conquistatore dell’Egitto?) si rese responsabile dell’uccisione di 60 soldati cristiani della guarnigione di Gaza, catturati in seguito alla conquista della città. Imprigionati e sottoposti a pressioni affinché si convertissero, al loro rifiuto, furono tutti decapitati. A partire dal 641 si verificano i primi martiri individuali: il monaco copto Mena per aver testimoniato Gesù davanti al comandante arabo, fu fatto a pezzi e gettato nel Nilo.   

    Col califfo ‘Uthman bin ‘Affan (644-656) i martiri aumentano: Mirax un giovane convertito all’Islam, ci ripensò e si dichiarò cristiano di fronte alle autorità che ne decretarono la morte. Altri martiri sono gli egiziani Barsanufio, Abdul-Masih, Simone di Minuf e Shenuda.

    Sotto il governo del 4° califfo ‘Alì bin Abi Talib il, la situazione peggiorò e molti per avere salva la vita, finirono per convertirsi: i resistenti furono uccisi. Con la morte di Alì nel 661 il potere viene conquistato da Muʿāwiya ibn Abi Sufyān, della famiglia Omayyade che diventerà la guida della “Umma” (comunità dei credenti) islamica fino al 750. La capitale del vasto impero musulmano fu trasferita nella cristiana Damasco dove i membri dell’aristocrazia erano quasi tutti cristiani: all’inizio dell’VIII secolo i capi cristiani dirigevano ancora nelle città e nei villaggi tutti gli affari del governo; tra questi l’oratore e filosofo Mansur bin Sarjun noto come S. Giovanni Damasceno. Gli stessi Omayyadi però costrinsero le tribù cristiane arabe dei Ghassanidi e dei Lakhmidi a convertirsi

     

     

     

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