mercoledì 20 gennaio ’21

     

     

    nell’immagine un dipinto di John Falter

     

     

     II.a Settimana tempo ordinario

     

    Proverbio del Giorno (Seneca, Lettere a Lucilio, CXIII.30)

    IMPERARE SIBI MAXIMUM IMPERIUM EST. – Comandare se stessi è la forma più grande di comando.

     

    Iniziamo la Giornata Pregando

    O Dio, che nell’ora della croce hai chiamato l’umanità a unirsi in Cristo, sposo e Signore, fa’ che in questo convito domenicale la santa Chiesa sperimenti la forza trasformante del suo amore, e pregusti nella speranza la gioia delle nozze eterne. Amen

     

    FABIANO PAPA – S. SEBASTANO MARTIRE

    Fabiano fu papa dal 236 al 250: con lui la figura del vescovo di Roma assunse tale prestigio da destare preoccupazione nell’imperatore Decio, sotto il quale subì il martirio. Sebastiano, originario di Milano, venne a Roma al tempo in cui infuriavano le persecuzioni e vi subì la passione. Per il tipo di martirio è con S. Rocco patrono degli appestati.

     

    La Parola di Dio del giorno (Marco 3,1-6)

    Gesù entrò nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: “Àlzati, vieni qui in mezzo!”. Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: “Tendi la mano!”. Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

     

    Riflessione Per Il Giorno (Mattutino di Mons. Ravasi)

    La nostra democrazia è minata. E i nostri rappresentanti mi fanno l’effetto di minatori incoscienti che si mettono a fumare sigarette in una miniera piena di grisou. Mai come ai nostri giorni è confermato ” soprattutto in Italia ” il sospetto dello scrittore inglese Robert L. Stevenson, secondo il quale «la politica è l’unica professione per la quale non si considera necessaria nessuna preparazione specifica». Ma il filosofo Norberto Bobbio (1909-2004), nella frase citata aggiungeva un aspetto ulteriore: il rischio che fa correre a un’intera nazione l’impreparazione, la superficialità, l’incoscienza di una certa classe politica. E a proposito di fumo, vorrei citare qui le parole sferzanti di Indro Montanelli: «Strano paese il nostro. Colpisce i venditori abusivi di sigarette ma premia i venditori di fumo». E continuava: «Abbiamo un debole per i governanti che dicono quello che pensano. Solo vorremmo che ogni tanto pensassero a quello che dicono». Detto questo, però, desidero affidare a tutti voi una riflessione antitetica, proposta da un politico ben diverso, Giorgio La Pira (1904-1977): «Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa brutta! No: l’impegno politico è un impegno di umanità e di santità; è un impegno che deve poter convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera e di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità». E se è vero che ogni nazione ha i governanti che si merita, forse è il caso che l’onestà, il rigore, la preparazione, la serietà, la giustizia si affermino prima di tutto a partire dal basso.”

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per la Chiesa Anglicana (Inglese) e Presbiteriana (Americana)

     

    Don’t forget:

    santi e beati della carità

    Beato László Batthyány-Strattmann

    1870-1931

    LÁSZLÓ BATTHYÁNY-STRATTMANN nasce nel 1870 a Dunakiliti, in Ungheria, sesto figlio di una famiglia dell’antica nobiltà ungherese, ma poco dopo si trasferisce con tutta la famiglia in Austra. La vocazione del medico gli nasce in cuore in seguito alla morte della mamma, non ancora quarantenne, quando lui ha appena 12 anni. Si ripromette di studiare per diventare medico: «Guarirò i malati e curerò i poveri gratis». Papà però non è d’accordo, e lo manda alla facoltà di agraria perché si prepari al futuro di amministratore dell’ingente patrimonio familiare. Ma la vince lui, che studia, si impegna, fatica e alla fine si laurea a trent’anni in medicina. 2 anni prima si è sposato con la contessa Maria Teresa Coreth: sarà un matrimonio felice, arricchito da tredici figli. Ora deve mettere in pratica la sua promessa, cioè curare i poveri gratis. Apre un ospedale privato con 25 posti letto, nel quale chi può paga la sua parte mentre gli altri (la maggioranza) vengono ammessi gratuitamente. Il dottore si specializza in chirurgia e oftalmologia: le cure sono all’avanguardia. Come oculista diventa un noto specialista sia in patria che all’estero. Intanto, nel 1920, si trasferisce con la famiglia nel castello a Körmend, in Ungheria: una parte del castello viene trasformata in ospedale specializzato in oculistica. La voce che nel castello si curarono gratuitamente i poveri si sparge in un baleno, al punto che le ferrovie ungheresi devono organizzare corse speciali con treni appositamente attrezzati per i pazienti. Oltre che come ottimo medico, è apprezzato anche per il suo fare gentile e comunicativo. Si fa pagare dai poveri con un Padre Nostro, mentre a tutti regala un libretto dal significativo titolo «Apri gli occhi e vedi», come a dire che la vista del corpo non è tutto e che ciascuno deve riaccendere la luce della propria fede. E lui dà l’esempio: prima di qualsiasi operazione invita il malato a chiedere insieme a lui la benedizione del Signore, che gli deve guidare la mano. Ad avvenuta guarigione, poi, convince i suoi malati che la guarigione è merito esclusivamente di Dio. Oltre a non farsi pagare, congeda i malati più bisognosi con una somma di denaro per aiutarli a riprendere il lavoro.

    Non stupisce il fatto che in Ungheria lo si consideri un santo e tale si comporta pure tra le pareti di casa. La giornata della famiglia inizia con la Messa e termina con il Rosario, i figli sono seguiti ciascuno con una raccomandazione giornaliera quotidiana, a nessuno manca il necessario, ma il superfluo nessuno sa cosa sia anche se potrebbero permetterselo. Un uomo così è preparato a tutto: anche a chiudere gli occhi al proprio figlio ventunenne; anche affrontare un tumore alla vescica in sanatorio a Vienna, dove impara ad «accogliere anche i tempi difficili con gratitudine». Muore a 60 anni, il 22 gennaio 1931 L’Arcivescovo di Vienna Friedrich Gustav Piffl, vuole celebrare il funerale anche se malato perché, dice, «raramente ho la possibilità di seppellire un santo». Anche la Chiesa oggi lo riconosce ufficialmente come tale, perché san Giovanni Paolo II, il 23 marzo 2003 lo ha beatificato.

     

     

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