giovedì 24 maggio ’18

    VII Settimana del tempo ordinario

     

    nell’immagine Madonna col Bambino di Hans Memling

     

    Proverbio del giorno

    «Il pensiero rende l’uomo più grande di una montagna (Cina)»

     

    Iniziamo La Giornata Pregando

    Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento. Per Cristo nostro Signore. Amen.

     

    MARIA SS. AUSILIATRICE

    “Auxilium Christianorum” è il titolo dato alla Vergine Maria in ogni tempo. S. Giovanni Bosco fu il più grande devoto e propagatore del culto a Maria Ausiliatrice, la cui festa era stata istituita sotto questo titolo e posta al 24 maggio da papa Pio VII il 24 maggio 1815. Il sacerdote apostolo della gioventù, fece erigere in soli tre anni nel 1868, la basilica di Maria Ausiliatrice nella cittadella salesiana di Valdocco – Torino; sotto la Sua materna protezione pose gli Istituti religiosi da lui fondati e ormai sparsi in tutto il mondo.

     

    Parola di Dio del giorno (Marco 9,41-50)

    Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una màcina da asino al collo e venga gettato nel mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue». Perché ciascuno sarà salato con il fuoco. Buona cosa il sale; ma se il sale diventa senza sapore, con che cosa lo salerete? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri». 

     

    BREVE COMMENTO AL VANGELO (S. Giovanni Crisostomo)

    Smettiamo perciò di contare i nostri meriti e di sbandierarli in pubblico. Se vantiamo i nostri meriti, non saremo lodati da Dio. Piangiamo piuttosto sulla nostra miseria e Dio ci innalzerà davanti agli altri. Non vuole che si perda il frutto del nostro impegno. Nel suo amore ardente vuole coronare le nostre più piccole azioni; cerca tutte le occasioni per liberarci dall’inferno.

     

    Riflessione del Giorno (Paolo Giordano: La solitudine dei numeri primi)

    I numeri primi sono divisibili solo per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospetti e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi (…) In un corso del primo anno Mattia aveva studiato che tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l’11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato, fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l’uno all’altro. Tra i matematici è convinzione comune che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno sempre altri due, anche se nessuno può dire dove, finché non li si scopre.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per tutti i cresimandi e i cresimati delle nostre parrocchie

     

    Don’t Forget! – PERSONAGGIO DELLA SETTIMANA

    GIOVANNI FALCONE

    Il 23 maggio 1992 ha segnato una delle pagine più buie della storia della Repubblica. Alle sei pomeridiane sull’autostrada siciliana che dall’aeroporto di Punta Raisi porta a Palermo, viaggiano tre Fiat Croma. A bordo, ci sono il giudice antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti V. Schifani, R. Dicilio e A. Montinaro. Con loro, gli altri membri della scorta P. Capuzza, A. Corbo e G. Cervello, con l’autista G. Costanza. La corsa delle tre vetture si arresta all’altezza dello svincolo di Capaci. Sotto all’asfalto è stata piazzata dalla mafia mezza tonnellata di esplosivo. Un detonatore azionato dalla collina che sovrasta l’autostrada scatena l’inferno: la carreggiata viene ridotta a un cumulo di macerie: finisce in quel modo in uno spaventoso cratere la vita di uno dei più grandi protagonisti della lotta alla mafia, un autentico testimone del nostro tempo.

    Giovanni Falcone nasce a Palermo il 18 maggio 1939. Nel 1961 si laurea in giurisprudenza; tre anni dopo è nominato pretore nella città di Lentini, quindi sostituto procuratore a Trapani. Alla procura di Palermo il magistrato arriva nel 1978, avviando una stretta collaborazione coi giudici Rocco Chinnici e Paolo Borsellino: insieme tratteranno centinaia di processi. Nel 1980 a Falcone è assegnato il fascicolo che riguarda il boss Rosario Spatola, i cui interessi avevano ramificazioni anche negli USA. Dopo l’assassinio di Chinnici, nel 1983, viene creata una struttura che, nel giro di pochi anni, rivoluziona la lotta alla criminalità organizzata: il pool antimafia. Ne fanno parte Antonino Caponnetto, che lo dirige, Giuseppe Di Lello Finuoli, Leonardo Guarnotta, Falcone e Borsellino. Un anno dopo, l’interrogatorio del pentito Tommaso Buscetta permette una svolta nelle indagini su Cosa Nostra: si ricostruisce l’intera catena di comando della mafia, responsabilità, ruoli e volti della cosiddetta “Cupola”, il quartier generale della criminalità siciliana. Giovanni Falcone è in possesso di una quantità gigantesca di informazioni. Per ragioni di sicurezza, il governo impone ai giudici del pool e alle loro famiglie di trasferirsi presso il carcere dell’Asinara l’unico posto sicuro per far continuare il lavoro ai magistrati e non indebolire l’impianto accusatorio che costituirà la base del “maxi-processo”, avviato alla fine degli anni Ottanta nell’aula bunker del tribunale di Palermo. Si è trattato del più grande processo contro la criminalità organizzata mafiosa mai tenuto al mondo: 460 imputati, 200 avvocati difensori, quasi sei anni di lavoro. Conclusi con 19 ergastoli e pene per un totale di 2.665 anni di reclusione. Per la mafia è un colpo devastante, ma molti boss, all’epoca, erano ancora latitanti. Tra di loro, il “capo dei capi”: Totò Riina, che presiedeva le riunioni delle “commissioni” di Cosa Nostra. È in questo contesto che, tra il settembre e il dicembre del 1991, si decide di uccidere Falcone e matura l’attentato di Capaci del 23-05-1992.

    “La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.

     (Giovanni Falcone)

     

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