a proposito di certi delitti… – riflessione di don Davide Rota

    nell’immagine Daniele nella fossa dei leoni – un dipinto di Briton Riviere (Manchester_Art_Gallery)

     

     

    Quando succedono fatti come il delitto di Gorlago con Stefania vittima della compaesana Chiara, la prima reazione è di incredulità e i tentativi di spiegazione del tipo: “una che fa una cosa del genere dev’essere matta”, non convincono neppure chi li dice, ma servono soltanto a esorcizzare l’enormità del gesto. Memori di quel che dice la Bibbia “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?” e che solo “il Signore, scruta la mente e saggia i cuori, per rendere a ciascuno secondo il frutto delle sue azioni” (Ger. 17,9-10) ce ne guarderemo dall’esprimere giudizi sulle persone coinvolte, limitandoci ad alcune considerazioni generali.

     

    1 – LA FALSA NORMALITA’ Questo delitto non è maturato in ambienti sospetti e difficili come quello dell’immigrazione (pensiamo alla povera Pamela uccisa e fatta a pezzi da africani) ma tra gente normale di un paese normale della Bergamasca; tra donne, madri, mogli normali. Quando però la normalità genera comportamenti così spaventosi, ci si deve interrogare se certi nostri modi di pensare, agire e vivere siano proprio così normali come si vuol far credere. La verità è che anche tra di noi ultimamente si è prodotto uno scollamento profondo da una parte fra che è giusto, buono, corretto e dall’altra fra ciò che ripugna alla coscienza, ma è considerato lecito dall’opinione pubblica. Alludiamo a quei comportamenti che la società attuale ha sdoganato nel nome della tolleranza, del rispetto della libertà individuale e del diritto di ognuno a pensarla e ad agire come gli pare, purché non rechi danno al prossimo. Così per il mondo d’oggi tutto ciò che non è esplicitamente sanzionato dalla legge, è di fatto lecito anche se è moralmente discutibile. Il delitto di Gorlago così come quello di Yara, infatti hanno fatto emergere le disinvolte relazioni extraconiugali, i tradimenti ripetuti, gli atteggiamenti spregiudicati, l’impressionante superficialità e insipienza dei protagonisti, tutte cose ampiamente tollerate, anzi persino accettate, ma solo finché non ci scappa il morto: allora l’opinione pubblica insorge, si scandalizza, giudica, condanna, augura la morte del colpevole, salvo poi a continuare come o peggio di prima una volta passato l’impatto emotivo. Invece di riflettere sul fatto che nessuno è al sicuro se persino una mamma di tre figli può diventare una pericolosa assassina, ci si scatena contro di lei per aver messo in luce il possibile legame che esiste fra una vita disordinata e il crimine.

    2 – BADA A TE STESSO Il profeta Amos 2700 anni fa lanciava una minacciosa profezia: “(In quei giorni) sarà come un uomo che fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso; si rifugia in casa, appoggia la mano al muro ed è morso da un serpente” (Am 5,19). Amos dice che il vero pericolo non è fuori, ma dentro di noi, che esso si nasconde nella casa della nostra anima, del nostro cuore e proprio quando ci si illude di essere al riparo dalle minacce e dai pericoli più gravi (l’orso e il leone) ecco che si è morsi dal serpente. Nel IV sec. S. Antonio abate ammoniva i suoi monaci che gli facevano notare i peccati degli altri e le storture del mondo, con un perentorio: “Bada a te stesso!”. Nessuno infatti ha il potere di rovinarti la vita senza il tuo consenso e sul decreto del tuo fallimento l’ultima firma, quella decisiva, sarà sempre la tua. In questi anni ci hanno detto in tutti i modi (e ci siamo lasciati convincere volentieri) che il pericolo per noi fosse sempre e solo l’altro: l’immigrato, lo straniero, l’irregolare, il nero, l’islamico, il jihadista…o anche solo il vicino molesto, l’avversario, il rivale. Così abbiamo sviluppato la sindrome della vittima, moltiplicato i sospetti e coltivato rancori e risentimenti a tal punto che ormai ci sentiamo costantemente sotto assedio e vediamo nemici dappertutto. Siamo corsi al riparo moltiplicando controlli, telecamere e intercettazioni e al monito “Bada a te stesso” chi ci fa più caso ormai? “Se tutti fossero come me –diceva un pensionato- il mondo andrebbe meglio”. Questo è un modo di pensare illusorio, destinato a procurare cocenti delusioni. E il delitto di Gorlago conferma che non c’è persona più determinata nel farla pagare all’altro, di chi -a ragione o a torto- si sente delusa da lui.

    3 – LA NEGAZIONE DELLA REALTÀ “E’ assurdo…certe cose non possono capitare…” Questa ostinazione nel negare la realtà (se una cosa è capitata, vuol dire che poteva capitare), segnala lo scarso livello di conoscenza che abbiamo di noi, degli altri e della realtà in cui siamo immersi. “Ma in che mondo viviamo?” Domanda la gente scandalizzata. Risposta: in questo. In un mondo cioè dove tutto è possibile: una cosa e il suo contrario; il bene e il male; le più grandi virtù e i più orrendi delitti; tutto insieme, tutto mescolato e spesso senza nemmeno la possibilità di distinguere o separare. Piaccia o non piaccia, le cose stanno così.

     

    Che significa? Che dobbiamo rassegnarci? No, di certo: questo mondo può anzi deve cambiare. Ma perché questo avvenga occorre mettere in atto alcuni atteggiamenti:

    1) Conoscere la realtà e soprattutto imparare a “starci dentro”. Chi ha detto: “fermate il mondo: voglio scendere” è un idiota che alla lunga rischia di diventare pericoloso. Infatti alla radice di ogni terrorismo c’è non solo una visione distorta della realtà, ma anche il suo radicale rifiuto. Ma idioti e terroristi non sono i soli a negare la realtà; ci sono anche i buonisti che distribuiscono certificati di buona condotta o titoli di bravo ragazzo a chicchessia, a prescindere e senza verificare, a scatola chiusa. In un mondo dove persino agli addetti al carrello elevatore è richiesto il patentino e dove la ricotta dev’essere dop o igp o bio…a chi insegna il catechismo in parrocchia, rappresenta i genitori a scuola o è destinato a diventare compagno/a di vita (coniuge? Demodé e troppo impegnativo!) o padre/madre non è chiesto altro se non che sia di bella presenza, volenteroso, simpatico, disponibile… un po’ poco a dire il vero. Che sia anche preparato, serio, onesto, affidabile non è più obbligatorio né in politica né in quella Chiesa che in altri tempi sottoponeva i suoi “operatori” a rigorosi controlli ed esigeva elevati livelli di qualità.

    2) Praticare la prudenza: la Bibbia esorta ad amare il prossimo come se stessi, ma mette in guardia contro la fiducia infondata: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede…” (Ger 17,5-6). Per chi non avesse capito, il profeta dice che di totalmente affidabile c’è soltanto Dio: con chiunque altro, la prudenza non è solo consigliabile, ma doverosa. Un tempo la Chiesa consigliava: “Se non puoi essere casto, sii almeno cauto” e metteva al primo posto fra le virtù cardinali proprio quella prudenza che un mondo di fenomeni come quello di oggi considera pusillanimità se non codardia…coi risultati che vediamo

    3) Darsi un limite e rispettarlo: sembrerà paradossale, ma può oltrepassare il limite solo colui che lo riconosce e lo rispetta. Il grande alpinista Reinhold Messner ha scalato tutti i quattordici 8.000 proprio perché conosceva bene i limiti della natura e i suoi personali. La gente di un tempo era obbligata dalle circostanze a fare i conti coi limiti della povertà; la fede la metteva di fronte a quel limite invalicabile che è Dio. E la morte, limite estremo, non era né nascosta né negata come si fa oggi. Ma la gente di oggi cresciuta nell’imperativo del “no-limits”, nella convinzione che i limiti esistono solo per essere superati e nell’illusione che amare significa non mettere limiti ai desideri propri né a quelli dell’amato…non appena troverà un limite cercherà di abbatterlo a martellate e poco importa che invece di un muro, sia una persona in carne e ossa…Solo in una cosa è concesso non darsi limiti: nella capacità di amare, di perdonare e di provare compassione per il prossimo, come siamo invitati a fare per le persone coinvolte in questa triste vicenda.

    4) La pericolosa familiarità con il male. Nella preghiera di compieta che conclude la giornata è citata la 1 lettera di Pietro che ammonisce: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede”. Ultimamente si è fatta strada una pericolosa confidenza e familiarità con il male, l’errore, il vizio ecc.: “Gioco con le macchinette…faccio consumo di droghe o di alcool…oltre alla moglie ho anche l’amica…ma ho tutto sotto controllo e in ogni caso smetto quando voglio”. Chi ragiona così non sa quel che dice, ma purtroppo a pensarla così sono in tanti ormai e non si tratta più solo di giovanissimi ai quali l’inesperienza e la presunzione tipiche dell’età giocano brutti scherzi. A volte rischiamo di rimanere coinvolti un po’ tutti: adulti, padri e madri di famiglia, pensionati e a volte persino preti…Si dimentica che dalla fossa dei leoni solo il profeta Daniele è uscito incolume e non per doti sue speciali, ma solo grazie all’intervento di Dio. Anni fa fece scalpore il caso di un uomo che nel parco della sua villa cresceva e familiarizzava con gli animali feroci. La cosa andò avanti per anni finché un giorno di lui ritrovarono i frammenti della calotta cranica: tutto il resto se l’erano mangiato i suoi amici animali.

    – don Davide Rota –

     

     

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