lunedì 9 marzo ’20

     

    nell’immagine un dipinto di Jozsef Rippl Ronai

     

     

    frase del giorno – P. Coelho

    Le più felici delle persone non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino!

     

    iniziamo la giornata pregando

    Tu hai fatto di noi, Signore, un regno di sacerdoti, un sacerdozio regale, e noi stiamo di fronte a te con le mani alzate: non giudicare il mondo secondo le sue colpe, ricordati dei figli del giusto Abramo che intercedette per Sodoma, ma anche dei figli di Noè, dell’alleanza e della promessa che facesti con questo patriarca al tempo del diluvio. Non disprezzare l’opera delle tue mani. È da parte del mondo intero che noi veniamo verso di te con tutto il cuore, ed è per ogni creatura che noi facciamo penitenza. Noi piangiamo per coloro che non piangono, affinché abbondi in loro la consolazione.

     

    + Dal Vangelo secondo Luca 6,36-38

    Perdonate e sarete perdonati.

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

    Parola del Signore.

     

    PREGHIERA DELLA SERA

    “Seguendo l’esempio di Lot, che fuggì il fuoco che cadde dal cielo e consumò la terra di Sodoma, vengo a rifugiarmi sulla santa montagna della penitenza e del pentimento. Fa’ che io possa scampare all’incendio devastatore del peccato e al fuoco della tua giusta ira. Non essere come la moglie di Lot, o anima mia, trasformata in statua di sale per aver volto lo sguardo indietro. Tieni il tuo sguardo davanti a te sul cammino che porta al Signore”. Per la maggior parte degli uomini la terra si è raffreddata per mancanza d’amore. Signore, concedi alla mia anima di ardere del tuo ardore divino.

     

     UNA GIOIA AUSTERA

    Signore, facci ricordare che il tuo primo miracolo lo facesti per aiutare alcune persone a far festa, alle nozze di Cana. Facci ricordare che chi ama gli uomini ama anche la loro gioia, che senza gioia non si può vivere, che tutto ciò che è vero e bello è sempre pieno della tua misericordia infinita.

    FEDOR DOSTOEVSKIJ

     

    Certo, la quaresima – che cade in questo periodo dell’anno – porta con sé un abito penitenziale, fatto di serietà e di severità. Eppure la metanoia, il vocabolo greco neotestamentario tradotto spesso con «penitenza», in realtà significa «conversione della mente», quindi un mutamento certo non indolore, ma per una nuova serenità e lievità dello spirito. È per questo che Gesù ama parlare del regno di Dio sotto immagini festose e nuziali e, come ci ricorda Dostoevskij (1821-81) nel brano sopra citato, il suo primo miracolo l’ha compiuto per impedire che una festa nuziale fosse turbata. Il cristianesimo autentico è esigente ma non funereo, è impegnativo ma non masochistico.

    Una fede genuina fa assaporare il gusto della vera gioia. Un gusto che spesso è scimmiottato dal mero godimento, dall’allegria artificiosa e becera, dal piacere fisico, ma che da queste realtà è del tutto differente. La vera gioia, infatti, si irradia dall’anima, nasce da un amore autentico, ha bisogno di una coscienza in pace, ha radici interiori e non ha necessità del baccano esteriore. È per questo che può coesistere con l’austerità quaresimale. Anzi, già un antico maestro pagano, caro per altro alla tradizione cristiana, come Seneca non esitava a scrivere all’amico Lucilio: «La vera gioia è res severa», è una realtà seria e austera. Ritroviamo, allora, la bellezza di questa «splendida scintilla divina», come la chiamava Schiller nel suo celebre inno Alla gioia.

    Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori

     

     

    S. Francesca Romana, vedova e monaca

    Patrona degli automobilisti

    Francesca Brussa de’ Buxis Leoni, romana, si sente portata alla vita monastica, ma non si oppone alla scelta dei genitori che la vogliono sposa di Lorenzo de’ Ponzani. Per quarant’anni vive accanto al marito. Nobile per nascita, Francesca fa buon uso della ricchezza soccorrendo la povera gente del quartiere. Presto il dolore bussa alla sua porta e lei sopporta con animo forte tragedie familiari, come la morte di due dei suoi tre figli. La guerra tra il papa e il confinante regno napoletano coinvolge il terzo figlio e il marito: vengono feriti e il marito è condannato all’esilio e alla confisca dei beni. Morto il marito, Francesca emette i voti religiosi con il nome di Romana e vive ancora tre anni, arricchendo la propria vita di straordinarie visioni e rivelazioni. Alla sua morte, avvenuta nel 1440, il feretro viene esposto per tre giorni nella chiesa di Santa Maria Nuova, ai Fori Imperiali, a Roma. Francesca Romana è la santa patrona degli automobilisti.

     

     

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