martedì 21 settembre ’21

     

    25a Settimana del tempo ordinario

     

    Aforisma del giorno (Totò)

    “Se fossi…se avessi…se potessi” erano tre fessi che giravano per il mondo.

     

    Preghiera del giorno (Pierre Griolet)

    Signore, non posso dimenticarmi di te e della tua bontà. Aprimi al tuo silenzio e tutto ciò che ho dimenticato suggeriscilo al mio cuore.

    Confidami ciò che mi rende fedele a te e nel più profondo della mia coscienza incidi con il fuoco del tuo spirito le meraviglie del tuo amore, della tua gloria.

    Allora la mia vita si risveglierà e il mio amore ricorderà, e tutto il mio essere arderà della tua Parola e con gioia canterò al mio Signore e loderò il mio Dio. Amen.

     

    Santo del giorno

    S. MATTEO APOSTOLO EVANGELISTA. Si chiamava anche Levi ed è l’autore del 1° Vangelo e uno dei primi Apostoli che Gesù chiamò alla sua sequela.

    Giudeo di nascita, figlio di Alfeo, egli esercitava il mestiere di esattore delle imposte (pubblicano). Quando Gesù lo vide seduto al suo banco di gabelliere gli disse: “Seguimi”. Ed egli lo segui.

    Ricevuto lo Spirito Santo dopo la risurrezione di Gesù, predicò il Vangelo in Giudea e nei dintorni. Scrisse il suo Vangelo in aramaico (poi tradotto in greco) e lo aveva destinato ai Giudei.

    La tradizione sostiene che abbia predicato il Vangelo in Etiopia e Clemente Alessandrino scrisse di lui che praticava l’esercizio della contemplazione e conduceva vita austera e digiuno.

    Sarebbe stato trucidato dai pagani, mentre celebrava la Messa. Le sue reliquie furono trasportate dopo 3 secoli in Bretagna, e di qui nella sontuosa cattedrale a lui dedicata a Salerno.

     

    Parola di Dio del giorno Matteo 9,9-13

    Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Egli si alzò e lo seguì.

    Mentre sedeva a tavola in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».

    Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

     

    Riflessione del giorno (Tele-Maria 5.9.21).

    La piccola città di Siroki Brijeg, a 40 minuti da Medjugorje in Bosnia Erzegovina, vanta uno straordinario primato in tutta l’Europa: non è mai stato registrato un solo divorzio a memoria d’uomo tra i suoi 20mila parrocchiani (su 30mila abitanti)…

    Per secoli, prima sotto la dominazione turca, e poi sotto quella comunista, queste popolazioni hanno sofferto crudelmente perché si voleva strappare la loro fede cristiana…

    Il 7 febbraio 1945 divenne la sede della terribile strage di 66 frati francescani, a opera di partigiani comunisti…Quando i fidanzati vanno in chiesa per il rito, portano con loro un crocifisso…

    La fidanzata posa la mano destra sulla croce; a sua volta il fidanzato pone la sua su quella della sposa…. Il sacerdote mette allora la sua stola sulle loro mani e li benedice».  

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Perché gli sposi cristiani ricordino sempre di aver sigillato il loro amore con quello eterno e fedele di Gesù, nell’amore dello Spirito Santo e nell’obbedienza a Dio Padre.

     

    Don’t forget! 1000 quadri più belli del mondo

    FRANCISCO GOYA: EL TRES DE MAYO (il 3 maggio)

    1814 – olio su tela – 2,6 x 3,4 m. – Museo del Prado – Madrid – Spagna

    Il quadro del pittore spagnolo Francisco José de Goya y Lucientes (1746 – 1828) “El tres de mayo de 1808 en Madrid” noto anche come Los fusilamientos de la montaña del Príncipe Pío è stato realizzato quando l’artista aveva 68 anni e ritrae la resistenza dei madrileni all’armata napoleonica.

    I Francesi infatti avevano occupato militarmente la Spagna e convinto il re ad abdicare in favore di Giuseppe Bonaparte. L’insediamento al trono del fratello di Napoleone fu oggetto di profonda irritazione e il 2 maggio il popolo di Madrid iniziò la sollevazione.

    Il maresciallo Murat fece distribuire l’ordine: «Il popolo di Madrid si è dato alla rivolta. Il sangue francese versato domanda vendetta…Tutti coloro che saranno arrestati armi in pugno dovranno essere passati per le armi».

    Goya commemorò la ribellione con due dipinti: il 1° s’intitola Il 2 maggio 1808 e raffigura la carica della cavalleria francese contro i rivoltosi a piazza Puerta de Sol di Madrid; il 2° (3 maggio 1808) illustra la rappresaglia francese.

    Poco prima dell’alba del 3 maggio le truppe napoleoniche radunarono centinaia di spagnoli in varie località fuori Madrid e li fucilarono tutti. Il pittore così motivò i due quadri: “Sento il desiderio di perpetuare coi miei pennelli, le azioni e le scene più eroiche e notevoli della nostra gloriosa insurrezione contro il tiranno d’Europa”.

    La scena si focalizza su 2 gruppi: il plotone d’esecuzione a destra, i condannati a sinistra. Carnefici e vittime si fronteggiano in uno spazio ristrettissimo: “con un colpo di genio Goya ha creato un efficace contrasto fra il feroce ripetersi degli atteggiamenti dei soldati e la linea d’acciaio dei loro fucili, e l’irregolarità dei loro obiettivi” (Kenneth Clark).

    La grande lanterna getta luce sulla scena e ne rimarca la drammaticità: illumina il gruppo di vittime con il monaco in preghiera; ma nel gruppo la figura dominante è l’uomo (un bracciante dai tipici tratti ispanici) che alza le mani al cielo in attesa del colpo mortale e il cui volto rivela un sentimento sospeso tra coraggio, rabbia, terrore e incredulità.

    L’uomo che inveisce con il pugno, rappresenta la rabbia del popolo; quello che s’inchina verso terra, rappresenta chi si è arreso; quello che si copre il volto, la vergogna; quello che guarda con disprezzo i carnefici, l’odio.

    Il plotone di esecuzione è nascosto nell’ombra: i soldati reggono la baionetta e vestono colbacchi neri e pesanti pastrani. Raffigurando i soldati di spalla e nascondendone i volti, Goya rappresenta una «macchina di distruzione», rigida, violenta e disumana, composta non da uomini, ma da automi programmati per uccidere.

    Nessun tentativo da parte dell’artista di mitigare la brutalità attraverso l’abilità tecnica. Il dipinto è dominato da tonalità scure e tetre, affidate all’uso di colori fangosi, interrotti solo dai toni bianchi adoperati per i fasci luminosi, il che rende incredibilmente intenso il messaggio insieme all’assoluta mancanza di retorica e teatralità.

    Questo quadro è un capolavoro assoluto e uno dei più drammatici e potenti manifesti contro la violenza e l’ingiustizia del potere assoluto e ciò che esso genera: la guerra.   

     

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