sabato 27 aprile ’19

    Ottava di Pasqua

     

     

    nell’immagine un dipinto di William Merritt Chase

     

     

    Proverbio del Giorno (Proverbio Yiddish)

    La ragazza che non sa ballare, dice che l’orchestra non sa suonare.

     

    Cominciamo la Giornata Pregando

    Tu, il Risorto, quando abbiamo il desiderio di accogliere il tuo amore, poco a poco, nel più profondo di noi stessi, una fiamma si accende. Animata dallo Spirito Santo, questa fiamma d’amore può essere a prima vista molto fragile. L’inverosimile è che essa brucia in continuazione. E quando capiamo che tu ci ami, la fiducia della fede diventa il nostro canto.”.

     

    Zita (Cita)

    Di famiglia umile, a 12 anni fu assunta come domestica a Lucca. Attenta e puntigliosa nel lavoro, sopportava angherie e rimproveri dei padroni, che la trattavano come serva. La gentilezza d’animo conquistò l’affetto della famiglia che le affidò la direzione della casa. Ne approfittò per aiutare i poveri, donando quanto riusciva a risparmiare. Morì nel 1272. E’ patrona delle domestiche

     

    La Parola di Dio del giorno (Gv 14,1-6)

    Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto.

    Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.»

     

    Riflessione Per Il Giorno (Cardinal Robert Sarah)

    Il cardinal Sarah sulla figura di Giuda scrive: “Permettimi di meditare con te sulla figura di Giuda. Gesù lo aveva chiamato come tutti gli apostoli. Gesù lo amava! Lo aveva mandato ad annunciare la Buona Novella. Ma a poco a poco il dubbio si impadronì del cuore di Giuda. Insensibilmente, iniziò a giudicare l’insegnamento di Gesù. Disse a se stesso: questo Gesù è troppo esigente, inefficace. Giuda voleva portare il Regno di Dio sulla terra, immediatamente, con mezzi umani e secondo i suoi piani personali. Tuttavia, aveva sentito Gesù dirgli: ‘I tuoi pensieri non sono i miei pensieri, né le mie vie sono le mie vie’ (Is 55, 8). Giuda se ne andò nonostante tutto. Non ascoltò più Cristo. Non lo accompagnava più in quelle lunghe notti di silenzio e preghiera. Giuda si è rifugiato negli affari del mondo. Si è occupato del mercato azionario, del denaro e del commercio. Il bugiardo continuava a seguire Cristo, ma non credeva più. Mormorò. Nel pomeriggio del giovedì santo, il Maestro aveva lavato i piedi. Il suo cuore deve essere stato ben indurito per non essere toccato. Il Signore era lì davanti a lui, in ginocchio, servo umiliato, lavando i piedi di colui che doveva liberarlo. Gesù gli ha messo un’ultima volta il suo sguardo pieno di dolcezza e misericordia. Ma il diavolo era già entrato nel cuore di Giuda; Non guardò in basso. Interiormente, deve aver pronunciato la vecchia parola di rivolta: ‘non serviam’, ‘Non servirò’. Durante l’ultima cena, ha comunicato durante il suo progetto. Quella fu la prima comunione sacrilega della storia. E ha tradito. Giuda è per l’eternità il nome del traditore e la sua ombra incombe su di noi oggi. Sì, come lui, abbiamo tradito! Abbiamo abbandonato la preghiera. Il male dell’attivismo si è infiltrato ovunque. Cerchiamo di imitare l’organizzazione di grandi aziende. Dimentichiamo che solo la preghiera è il sangue che può irrigare il cuore della Chiesa. Affermiamo che non abbiamo tempo da perdere. Vogliamo usare quel tempo in utili opere sociali. Colui che non prega più, ha tradito. Sei pronto per tutti gli impegni verso il mondo. Cammina sul sentiero di Giuda”.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per chi ha perduto la fede e non si rende conto della gravità di tale perdita.

     

    Personaggio della settimana I santi della carità

    Camillo de Lellis (1550-1614)

    (Nel quadro: Pierre Subleyras: S. Camillo assiste i malati)

    Da una vita randagia e dissoluta alla santità. Camillo de Lellis è l’esempio di cosa può Dio quando gli consentiamo di irrompere nelle nostre vite.  Nato a Bucchianico, nei pressi di Chieti, il 25 maggio 1550, da un ufficiale di nobile famiglia e da una madre avanti nell’età, Camillo, vivace e irrequieto, imparò a leggere e a scrivere, ma quando, a 13 anni, morì la mamma, si diede a vita vagabonda.  Nel 1568 Camillo si arruolò, al seguito del papà, nell’esercito della repubblica di Venezia in lotta contro i turchi, ma rimase orfano anche di padre. Frequentando i soldati, ne imparò linguaggio e passatempi, fra i quali le carte e i dadi. Privo di risorse, fu costretto a causa di un’ulcera varicosa al piede, a cercare, come infermiere, cure gratuite all’ospedale di S. Giacomo degli Incurabili a Roma. Dopo un mese, però, da quel posto fu allontanato a causa della sua passione per il gioco. Fisicamente Camillo era un gigante, alto quasi due metri, ma di buon cuore. Parzialmente guarito, Camillo pensò che gli conveniva fare il militare mercenario e fu mandato al soldo della Spagna, prima in Dalmazia e poi a Tunisi. Fu congedato nel 1574, perse ogni avere al gioco.

    Dovette mendicare finché non trovò lavoro come manovale nella costruzione del convento dei Cappuccini di Manfredonia (Foggia).  Alla fine, la conversione: il 2 febbraio 1575 Camillo decise di abbracciare la vita cappuccina; lui, discendente da famiglia nobile, avrebbe atteso ai più umili uffici della comunità. Ottenne di vestire l’abito, ma dopo qualche mese l’ulcera varicosa si riaprì. Dovette così ritornare a San Giacomo degli Incurabili dove maturò la vocazione. Rifiutato dai Cappuccini, Camillo decise di consacrarsi come infermiere al servizio dei malati sotto la direzione di S. Filippo Neri (+1595), l’apostolo di Roma. Dal momento che il personale infermieristico era, in genere, reclutato tra gente rozza e incapace, fin dal 1582 egli pensò di riunire in un’associazione compagni che, come lui, si fossero dedicati completamente alla cura dei malati. Un primo tentativo fallì per l’incomprensione dei direttori dell’ospedale. Camillo si convinse allora che era necessaria una famiglia religiosa indipendente. Per raggiungere lo scopo era necessario che egli, a trentadue anni, si rimettesse sui banchi della scuola, frequentasse al Collegio Romano i corsi di S. Roberto Bellarmino e di Francesco Suarez, pur continuando a visitare e a curare i malati. Nel 1584 Camillo poté celebrare la sua prima Messa.  Fondò l’Ordine dei chierici regolari ministri degli infermi, noti con un nome indissolubilmente legato al suo: Camilliani. Morì il 14 luglio 1614.

     

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