SPIRITUALITÀ  – Le 12 parole del percorso educativo

     

    12.a parola “SPIRITUALITÀ”

     

     

    “Last but not least” cioè l’ultima parola del nostro percorso educativo, ma non per importanza, è la SPIRITUALITÀ. Se il significato delle altre 11 parole è confuso, il picco della confusione è raggiunto con questo termine, visto che nel mondo di oggi spiritualità sembra indicare tutto e il suo contrario. Nella visione cristiana della persona invece la spiritualità ha un significato preciso che è collegato con la realtà dell’ANIMA (o SPIRITO) la quale si distingue sia dalla PSICHE (che è l’insieme delle funzioni cerebrali, emotive, affettive e relazionali con cui l’individuo ha esperienza del mondo esterno e coscienza di sé) sia dal CORPO (che è la parte materiale e sensibile della persona).

    Nel catechismo di Pio X l’anima è la parte più nobile dell’uomo, perché è sostanza spirituale, dotata d’intelletto e di volontà, capace di conoscere Dio e di possederlo eternamente. “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Genesi 1,27). E ancora: “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Genesi 2,7). Questa realtà ci fa immagine di Dio e ci rende capaci di dialogare e di interagire con Dio e in questa relazione consiste la spiritualità. Ma oggi questa dimensione è trascurata e persino negata o tutt’al più la si riduce al benessere derivante dalla personale armonia con la propria interiorità o con la natura e il mondo.

    La spiritualità invece consiste anzitutto in un rapporto intimo e un dialogo continuo fra due persone cioè l’io e Dio, rapporto nel quale l’io si dona a Dio in fiducia completa e dialoga con lui su un piano di reciproca confidenza assoluta. Io mi fido di Dio perché so che Lui si fida di me e si dona a me con una generosità, una misericordia e una provvidenza così grandi da eliminare ogni barriera e ostacolo fino a rendere possibile di vivere con Dio, per Dio e in Dio. E allora si può arrivare a fare esperienza di ciò che razionalmente sembra impossibile e cioè l’annullamento della distanza infinita che esiste tra il Creatore e la sua creatura, fino a poter dire: “Non sono più io che vivo, ma è Lui che vive in me” (Gal 2,20).

    Questo rapporto apre la nostra mente, il nostro cuore, la nostra vita su orizzonti sconfinati perché “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato…” (Geremia 1,5…). Non solo: “dopo che la mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio. Lo vedrò io stesso; i miei occhi lo contempleranno, non da straniero…” (Giobbe 19,25…). Nulla mi sarà impossibile: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Filippesi 4,13) e nulla mi mancherà: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla” (Salmo 22). Perché chi crede è sempre giovane: “quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Isaia 40,31).

    Il risultato del rapporto e dialogo intimo fra Dio e noi sue creature è che “il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliere la vostra gioia” (Giovanni 16,20-22). Le pratiche della fede le conosciamo e sono comuni a tutte le religioni: la preghiera che alimenta il vicendevole rapporto della persona umana con quella divina; la carità che Gesù riassume nella regola d’oro: “Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te” (Matteo 7) e il digiuno cioè la capacità di dominare e vincere le cattive tendenze e inclinazioni “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo...” (Galati 5,22).

     

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