venerdì 3 gennaio ’20

     

    nell’immagine un dipinto di Plinio Nomellini

    Proverbio del giorno

    «Anche se hai sessanta consiglieri, consigliati prima con te stesso (Israele)»

     

    Iniziamo la giornata Pregando

    “O nome glorioso di Gesù, per mezzo tuo sono perdonate le colpe, sono sconfitti i nemici, per te i malati sono liberati e coloro che soffrono sono irrobustiti e gioiscono! Tu onore dei credenti, forza di coloro che operano, tu sostegno dei deboli! I desideri si accendono per il tuo calore e ardore di fuoco, si inebriano le anime contemplative e per te le anime trionfanti sono glorificate nel cielo: con le quali, per questo tuo santo Nome, fa’ che possiamo anche noi regnare. Amen!”

     

    S. NOME DI GESÙ

    Il Nome di Gesù (=Dio salva) fu venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel sec XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che venne istituita la festa liturgica. A fianco: il monogramma di Cristo ideato da S. Bernardino

    Ascoltiamo la Parola di Dio (Gv 1,1-18)

    In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

     

    Riflessione per il giorno (Mattutino di Mons Ravasi)    

    C’è chi dice che in paradiso Dio chiami ciascun eletto col nome di una virtù. Non potrà chiamarmi Speranza: non ho atteso nessuna gioia sulla terra né in cielo. Né Fede: non sono stata certa. Né Carità: ho amato Dio e il prossimo con parsimonia. Né Generosità: ho contato, pesato, misurato tutto. Né Zelo: non ho cercato di conquistare. Né Povertà: mi compiaccio del mio benessere. Né Umiltà: mi compiaccio dei miei pensieri. Né Sincerità: non sono vera. Né Scienza: non ho memoria. Né Pietà: non ho ardore. Il nome sarà quello dell’asino: Dio mi chiamerà Pazienza. La citazione è oggi un po’ lunga, ma le parole della poetessa francese Marie Noël (1883-1967) nel suo Diario segreto sono così limpide da non esigere lunghi commenti. Avere la virtù dell’animale più disprezzato ma anche più utile e semplice è in verità una qualità importante che trascina con sé altre virtù in modo implicito. In una società come la nostra che vive con frenesia, che non sa attendere, che vuole tutto “in tempo reale”, che inveisce se è in fila e l’altro non si sbriga, che “non ha tempo”, l’invito alla pazienza può sembrare una stravaganza “da orientali” che non hanno niente da fare, come si è soliti dire. E invece bisognerebbe di più pensare a quello che un altro scrittore francese, Honoré de Balzac, aveva affermato: «La pazienza è ciò che nell’uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni». Per fare un bambino ci vogliono nove mesi e per scrivere un capolavoro forse decenni. Non entriamo in questo nuovo anno pretendendo tutto e subito, ma affidiamoci alla pazienza che conosce i ritmi e i tempi della vita, e quindi genera serenità e fiducia.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo perché in questo 2019 i cristiani si sforzino di evitare l’odioso vizio della bestemmia

     

    Don’t Forget!

    Avvenne nell’anno 20 di ogni secolo

    A Roma l’imperatore Tiberio è costretto ad aprire un’inchiesta presso il Senato Romano, riguardo alla morte di Germanico. Per evitare una probabile condanna, il governatore della Siria Gneo Calpurnio Pisone sospettato di aver avvelenato il figlio adottivo di Tiberio si toglie la vita

     

    Santi e beati della carità

     S. SIGISMONDO

    (ZYGMUNT)

    GORAZDOWSKI 

    SACERDOTE POLACCO

    1845-1920

    Secondo di sette figli, il beato Zygmunt nacque il 1° novembre 1845 a Sanok nella parte orientale della Polonia. Dopo iniziali studi per avvocato, entrò nel seminario superiore di Leopoli, pur essendo malato fin dall’infanzia di tubercolosi, allora incurabile. La malattia si aggravò al punto che dopo gli studi di teologia, dovette fermarsi per due anni per intraprendere un’energica cura, con la rassegnata fiducia in Dio. Inaspettatamente migliorò, tanto quanto bastò affinché potesse ricevere l’ordinazione sacerdotale il 25 luglio 1871. Per sei anni lavorò come vicario parrocchiale e amministratore nella zona dell’allora Galizia. Profuse a piene mani tutte le sue energie nell’opera di apostolato fra la povera gente della zona, basti ricordare che una parrocchia dell’epoca aveva nel suo raggio ben 6-7 Comuni distanti fra loro. Accorse in aiuto degli ammalati di colera a Wojnilow, incurante del contagio deponeva i cadaveri nelle bare suscitando l’ammirazione di tutti, ebrei compresi. Dal 1877 lavorò per circa 40 anni, presso la parrocchia di S. Nicola a Leopoli, in questo periodo, la sua carità dilagò in tutti i sensi; si impegnò come editore e redattore alla stampa di giornali, articoli pedagogici e sociali, del testo del catechismo, riviste di formazione. 

    Fondò la ‘Casa del lavoro volontario’ per i mendicanti, la ‘Cucina popolare’, la ‘Casa di cura per malati incurabili e convalescenti di lunga degenza’, il Collegio di S. Josafat per studenti poveri, la ‘Casa del Bambino Gesù’ per ragazze madri e neonati abbandonati, inoltre fondò la Congregazione delle Suore della Misericordia di S. Giuseppe. Grande era la sua devozione a S. Giuseppe al cui nome intestò la maggior parte delle sue opere; già in vita era chiamato il “Prete dei mendicanti”, il “Padre dei poveri”, “L’Apostolo della Misericordia divina di Leopoli”. Morì il 1° gennaio 1920, lasciando la Congregazione che si è diffusa in 62 case in vari Stati. Beatificato da papa Giovanni Paolo II il 26 giugno 2001 a Lviv (Leopoli) in Ucraina. Papa Benedetto XVI lo ha proclamato santo il 23 ottobre 2005 in piazza S. Pietro.

     

     

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